Forze dell’ordine : Individuazione personale o fotografica

9 Mag

Forze dell’ordine : Individuazione personale o fotografica

L’individuazione, personale o fotografica, di un soggetto, compiuta nel corso delle indagini preliminari, costituisce una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, sicchè la sua forza probatoria discende dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale, e non dalle formalità di assunzione previste dall’art. 213 c.p.p., per la ricognizione personale (Sez. 5, 23090 del 10/07/2020, Rv. 279437; Sez. 2, n. 16773 del 20/03/2015, Rv. 263767). Ne viene che l’individuazione fotografica non deve essere necessariamente preceduta, ai fini della sua validità, dalla descrizione delle fattezze fisiche della persona indagata, trattandosi di adempimento preliminare richiesto solo per la ricognizione di persona (Sez. 4, n. 7287 del 09/12/2020, 2021, Rv. 280598; Sez. 2, n. 9380 del 20/02/2015, Rv. 263302). Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 14/03/2023) 17-04-2023, n. 16263

9 Mag

Polizia Giudiziaria: Art. 617 quinquies c.p Applicazione skimmer su bancomat

Al riguardo si osserva che da tempo la giurisprudenza di legittimità ha definito in termini assolutamente convincenti la struttura del reato di cui si discute, evidenziando che integra il reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617 quinquies c.p.) la condotta di colui che installi, all’interno del sistema bancomat di un’agenzia di banca, uno scanner per bande magnetiche con batteria autonoma di alimentazione e microchip per la raccolta e la memorizzazione dei dati, al fine di intercettare comunicazioni relative al sistema informatico. Trattandosi di reato di pericolo, non è necessario accertare, ai fini della sua consumazione, che i dati siano effettivamente raccolti e memorizzati (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 36601 del 09/07/2010, Rv. 248430). In più recenti arresti la giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, sottolineato, da un lato, come si debba parlare di pericolo concreto, sicché per la configurazione del reato è necessario accertare la idoneità dell’apparecchiatura installata a consentire la raccolta o memorizzazione dei dati e non che tali operazioni siano state effettivamente eseguite (cfr. Sez. 5, n. 3236 del 22/11/2019, Rv. 278151); dall’altro, che tale delitto è assorbito in quello di frode informatica, di cui all’art. 640 ter, c.p., nel caso in cui, installato il dispositivo atto ad intercettare comunicazioni di dati, abbia luogo la captazione, in tal modo trasformandosi la condotta preparatoria e di pericolo, di cui al primo reato, neII’aIterazione del funzionamento o, comunque, in un intervento illecito sul sistema informatico, che sono modalità realizzative tipiche della frode (cfr. Sez. 5, n. 42183 del 07/09/2021, Rv. 282169). Può, in conclusione, sostenersi che il delitto ex art. 617 quinquies, c.p., è integrato dalla semplice installazione all’interno di un sistema automatizzato, che consente di effettuare operazioni bancarie mediante tessera magnetica personale (cd. bancomat), di un’apparecchiatura tecnicamente idonea alla raccolta e alla memorizzazione dei dati informatici riservati, inseriti dai fruitori del sistema, senza che sia necessario, per la consumazione della fattispecie, l’effettivo prelievo dei dati, né, a maggior ragione, che tali dati vengano utilizzati attraverso indebiti prelievi sui conti correnti dei risparmiatori. Corte di Cassazione V Sezione Penale sentenza nr.17814/2023

3 Mag

Penale : Premeditazione

Infatti elementi costitutivi della circostanza aggravante della premeditazione sono un apprezzabile intervallo temporale tra l’insorgenza del proposito criminoso e l’attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l’opportunità del recesso (elemento di natura cronologica) e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuità nell’animo dell’agente fino alla commissione del crimine (elemento di natura ideologica), dovendosi escludere la suddetta aggravante solo quando l’occasionalità del momento di consumazione del reato appaia preponderante, tale cioè da neutralizzare la sintomaticità della causale e della scelta del tempo, del luogo e dei mezzi di esecuzione del reato (Sez. U, n. 337 del 18 dicembre 2008 (dep. 9 gennaio 2009) Rv. 241575 01; Sez. 5, n. 42576 del 3 giugno 2015 (dep. 22 ottobre 2015) Rv. 265149 – 01).

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24/03/2023) 17-04-2023, n. 16276

3 Mag

Stalking : Art. 570 bis cp  Violazione degli obblighi di assistenza familiare,

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il reato di cui alla L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3, oggi trasfuso nella fattispecie di cui all’art. 570-bis c.p., è integrato non dalla mancata prestazione di mezzi di sussistenza, ma dalla mancata corresponsione delle somme stabilite in sede civile, cosicchè l’inadempimento costituisce di per sè oggetto del precetto penalmente rilevante, non essendo consentito al soggetto obbligato operarne una riduzione e non essendo necessario verificare se per tale via si sia prodotta o meno la mancanza di mezzi di sussistenza (Sez. 6, n. 4677 del 19/01/2021, Rv. 280396; Sez. 6, n. 16458 del 05/04/2011, Rv. 250090).Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 14/03/2023) 17-04-2023, n. 16261

3 Mag

Penale : Art. 610 e 629 cp Violenza privata – estorsione  differenze

Ai fini della corretta qualificazione giuridica del fatto occorre preliminarmente considerare la distinzione tra il delitto di violenza privata di cui all’art. 610 c.p., ed il delitto di estorsione di cui all’art. 629 c.p.. Oltre al bene giuridico tutelato, per cui il primo è posto a tutela della libertà morale, il secondo, quale reato plurioffensivo, presenta come oggettività giuridica sia il patrimonio che la libertà di autodeterminazione, l’estorsione è fattispecie speciale rispetto alla violenza privata presentando come elementi specializzanti l’ingiusto profitto e l’altrui danno i quali costituiscono l’evento della fattispecie incriminatrice. Conseguentemente il discrimen si colloca nella presenza o assenza di un ingiusto profitto con altrui danno; a tal fine la giurisprudenza costante ha affermato che è configurabile il delitto di estorsione e non quello di violenza privata, nel caso in cui l’agente, al fine di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto, faccia uso della violenza o della minaccia per costringere il soggetto passivo a fare od omettere qualcosa che gli procuri un danno economico (Sez. 2, n. 5668 del 15/01/2013 Ud. (dep. 05/02/2013) Rv. 255242). Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11/04/2023) 17-04-2023, n. 16242

3 Mag

Polizia Giudiziaria: Art. 350 e 351 cpp Dichiarazioni indizianti e spontanee dichiarazioni

L’art. 63 c.p.p., comma 1, stabilisce che: “Se davanti all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona non imputata ovvero una persona non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, l’autorità procedente ne interrompe l’esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese”.  L’art. 350 c.p.p., comma 7, prevede che: “La polizia giudiziaria può ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini”. La diversa operatività delle norme è di palmare evidenza: l’art. 63 c.p.p., comma 1, si applica alle dichiarazioni autoaccusatorie rese da persona “non” sottoposta alle indagini; l’art. 350 c.p.p., comma 7, riguarda invece le dichiarazioni “spontanee” della persona che, nel momento in cui le rende, ha già assunto la veste di persona sottoposta alle indagini. La distinzione è tracciata con chiarezza dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui alle dichiarazioni spontanee non si applica la disciplina di cui all’art. 63 c.p.p., la quale concerne l’esame di persone non imputate e non sottoposte ad indagini; mentre le dichiarazioni spontanee (art. 350 c.p.p., comma 7) sono quelle provenienti dalla persona nei confronti della quale vengono svolte indagini e sono utilizzabili nel caso di riti alternativi “a prova contratta” ovvero nel giudizio dibattimentale, se, in questa seconda ipotesi, il relativo verbale è stato acquisito con il consenso delle parti (cfr. Sez. 5, n. 12445 del 23/02/2005, Di Stadio, Rv. 231689; Sez. 6, n. 34151 del 27/06/2008, Vanese, Rv. 241466; Sez. 3, n. 29641 del 14/03/2018, Ermo, Rv. 273209).  La ragione della differente disciplina riposa sul fatto, esattamente colto anche dal P.G. di legittimità nella propria requisitoria, che l’art. 63 c.p.p., comma 1, riguarda dichiarazioni rese nel corso di un “esame”, atto processuale in cui un soggetto è convocato dall’autorità procedente (sia essa autorità giudiziaria o di polizia) per essere escusso sui fatti oggetto del procedimento, con l’obbligo di comparire, di rispondere e di dire la verità: “E’ la particolare natura e struttura dell’atto processuale compiuto che consente di comprendere la ratio di garanzia sottesa alla norma, evidentemente informata al principio del nemo tenetur se detegere e da utilizzarsi ai fini della sua interpretazione (così in motivazione Sez. 3, n. 29641 del 14/03/2018, Ermo, cit.): la confessione di un reato da parte di soggetto legittimamente sentito in origine come persona informata sui fatti impone la immediata interruzione del verbale e la conseguente inutilizzabilità contra se delle dichiarazioni in precedenza rese.  Nel caso in esame A.A. è stato convocato dalla polizia giudiziaria e sentito come persona informata sui fatti; egli non è stato sentito come persona sottoposta alle indagini e, a detta dello stesso ricorrente, non poteva essere sentito in tale veste data l’assenza di elementi a suo carico. Deriva che le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria ricadono nell’alveo applicativo dell’art. 63 c.p.p., comma 1, e, sono, pertanto inutilizzabili. Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28/03/2023) 17-04-2023, n. 16285

3 Mag

Ricettazione : Art. 648 cp  Rinvenimento grossa somma di denaro

Il principio di riferimento a riguardo va mutuato da quanto affermato, anche di recente, in tema di responsabilità per il reato ex art. 648 c.p., secondo cui integra il delitto di ricettazione la condotta di chi sia sorpreso nel possesso di una rilevante somma di denaro, di cui non sia in grado di fornire plausibile giustificazione, qualora, per il luogo e le modalità di occultamento della stessa, possa, anche in considerazione dei limiti normativi alla detenzione di contante, ritenersene la provenienza illecita (sez. 2, n. 43532 del 19/11/2021, Berati, Rv. 282308; sez. 2, n. 5616 del 15/01/2021, Grumo, Rv. 280883).  Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14/03/2023) 14-04-2023, n. 16012

28 Apr

Penale : Art. 13 co 13 TU Stranieri

In tema di reingresso non autorizzato dello straniero espulso nel territorio dello Stato, la legittimità del decreto di espulsione non condiziona l’esistenza del reato, perchè non ne costituisce diretto presupposto, avendo il decreto esaurito i suoi effetti con l’esecuzione del conseguente ordine di allontanamento dal territorio dello Stato (Sez. 1, n. 45969 del 23/09/2022, Hysa, Rv. 283752-01). La fattispecie penale, di cui all’art. 13, comma 13, T.U. imm., non è configurata come punizione dell’inosservanza del provvedimento amministrativo di espulsione, ormai anzi ottemperato. Ad essere sanzionata è, viceversa, la trasgressione al divieto di reingresso, che sorge nel momento in cui lo straniero lascia il territorio nazionale. Il nuovo ingresso in Italia è sanzionato penalmente, si osservava, se viene compiuto prima del termine stabilito e senza che lo straniero abbia chiesto ed ottenuto la speciale autorizzazione dal Ministero dell’Interno, ovvero se il divieto sia stato revocato, nell’ipotesi prevista dal comma 14 del medesimo art. 13 T.U. imm., o, evidentemente, ad altro titolo. La revoca del divieto può implicitamente derivare, senza meno, dal rilascio di un nuovo permesso di soggiorno sul territorio nazionale. Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09/12/2022) 06-04-2023, n. 14792

28 Apr

Ricettazione : Art. 474 cp Vendita di prodotti recanti marchio contraffatto

Secondo la costante interpretazione di questa Corte di cassazione integra il delitto di cui all’art. 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto, senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 c.p. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo, quindi, l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (Sez. 2, n. 16807 del 11/01/2019, Rv. 275814 — 01). Con la conseguenza che essendo configurabile il reato presupposto di cui all’art. 474 c.p. la successiva ricezione dei beni integra proprio la ritenuta ipotesi di ricettazione. Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14/03/2023) 06-04-2023, n. 14613

28 Apr

Stalking : Art. 612 bis cp Stalking

Si è detto, infatti, che, in tema di stalking, ai fini della configurabilità del reato, è sufficiente la consumazione anche di uno solo degli eventi alternativamente previsti dall’art. 612-bis c.p. (Sez. 5, n. 43085 del 24/9/2015, A., Rv. 265231). Inoltre, la prova dello stato d’ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato può essere dedotta anche dalla natura dei comportamenti tenuti dall’agente, qualora questi siano idonei a determinare in una persona comune tale effetto destabilizzante (Sez. 5, n. 24135 del 9/5/2012, G., Rv. 253764) e, più in generale, può essere desunta da elementi sintomatici di tale turbamento psicologico, ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 17795 del 2/3/2017, S., Rv. 269621; Sez. 6, n. 50746 del 14/10/2014, P.C., Rv. 261535; Sez. 5, n. 14391 del 28/2/2012, S., Rv. 252314). Ed ancora, ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori, non è necessario che la vittima prospetti espressamente e descriva con esattezza uno o più degli eventi alternativi del delitto, potendo la prova di essi desumersi dal complesso degli elementi fattuali altrimenti acquisiti e dalla condotta stessa dell’agente (Sez. 5, n. 47195 del 6/10/2015, S., Rv. 265530; Sez. 5, n. 57704 del 14/9/2017, P., Rv. 272086). Nel caso di specie, come detto, molteplici elementi concreti concorrono a delineare la configurabilità dei più eventi del reato previsti dalla fattispecie incriminatrice, e precisamente quelli costituiti dallo stato d’ansia e di paura ingenerato nella vittima e dal timore per l’incolumità propria. Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16/02/2023) 07-04-2023, n. 14923