Categoria: Polizia Giudiziaria

5 Feb

Polizia Giudiziaria: Agguato aggravante premeditazione

L’agguato costituisce una modalità di esecuzione del delitto che può assumere rilevanza probatoria ai fini dell’aggravante della premeditazione) e che la premeditazione è configurabile anche in presenza di un ristretto arco temporale tra l’insorgenza del proposito delittuoso e la sua attuazione qualora, alla luce dei mezzi impiegati e delle modalità della condotta, tale lasso di tempo sia stato sufficiente a far riflettere l’agente sulla grave decisione adottata e a consentire l’attivazione di motivi inibitori di quelli a delinquere (Sez. 1, n. 574 del 09/07/2019, dep. 2020, R., Rv. 278492 – 01). Sez. PRIMA PENALE, Sentenza n.3783 del 30/01/2024 (ECLI:IT:CASS:2024:3783PEN), udienza del 24/11/2023, Presidente DI NICOLA VITO  Relatore ALIFFI FRANCESCO

30 Gen

Polizia Giudiziaria: Art. 6 TU Stranieri Mancata esibizione senza giustificato motivo di documento o del permesso di soggiorno

Le Sezioni Unite hanno chiarito che l’interesse protetto dalla norma non è quello della verifica della regolarità della presenza dello straniero in territorio nazionale, ma l’attività di pubblica sicurezza volta alla identificazione dei soggetti stranieri presenti nel territorio dello Stato, con la connessa necessità di identificare compiutamente, documentalmente, il soggetto, sia, poi, egli in regola o meno con le norme di soggiorno; accertamento, quest’ultimo, che ben può avvenire in un momento successivo, susseguente e perciò estraneo alla condotta dovuta al momento della richiesta di esibizione di uno di quei documenti. Del resto, sottolineano le Sezioni Unite, anche i cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, salvo che non sia diversamente disposto in attuazione dei trattati, delle convenzioni e degli accordi fra Stati membri dell’Unione medesima, “devono essere in possesso di un documento di identificazione, valido secondo la legge nazionale almeno all’atto dell’ingresso nel territorio dello Stato, e sono tenuti ad esibirlo ad ogni richiesta degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza” (d.lgs. n. 52 del 2002, art. 1, comma 2). Pertanto, la sanzione penale mira, in definitiva, a sanzionare la condotta del soggetto volta ad ostacolare, senza giustificato motivo, la sua compiuta e documentale identificazione da parte degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza (Sez. U, n. 45801/2003, cit.).   Sez. PRIMA PENALE, Sentenza n.2348 del 19/01/2024 (ECLI:IT:CASS:2024:2348PEN), udienza del 12/10/2023, Presidente BONI MONICA  Relatore CASA FILIPPO

30 Gen

Polizia Giudiziaria: Procedibilita’  d’ufficio per  furto energia elettrica

La cosa destinata al pubblico servizio di cui tratta l’art. 625 n. 7 c.p. è quella la cui destinazione è per un servizio fruibile dal pubblico (cfr. Sez. 6, n. 698 del 03/12/2013, Rv. 257773), sussistendo tale aggravante quando la cosa sottratta sia oggettivamente caratterizzata da un nesso funzionale all’erogazione di un pubblico servizio, quale l’erogazione di energia elettrica, che soddisfa una prevalente esigenza di pubblico interesse. Ne consegue che, in tema di furto di energia elettrica, è configurabile l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, c.p., in caso di sottrazione mediante allacciamento abusivo ai terminali collocati in una proprietà privata, rilevando, non già l’esposizione alla pubblica fede dell’energia mentre transita nella rete, bensì la destinazione finale della stessa a un pubblico servizio dal quale viene distolta, destinazione che comunque permane anche nella ipotesi di una tale condotta. Sicché la circostanza aggravante di cui si discute, che, giova ricordare, rende perseguibile d’ufficio il delitto di furto anche dopo l’intervento della “Riforma Cartabia”, è configurabile in caso di sottrazione di energia elettrica mediante allacciamento abusivo e diretto alla rete esterna, indipendentemente dal fatto che tale condotta abbia arrecato effettivo nocumento alla fornitura di energia di altri utenti (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 1094 del 03/11/2021, Rv. Rv. 282543; Sez. 4, n. 1850 del 07/01/2016, Rv. 266229). Sez. QUINTA PENALE, Sentenza n.2902 del 23/01/2024 (ECLI:IT:CASS:2024:2902PEN), udienza del 22/09/2023, Presidente PEZZULLO ROSA  Relatore GUARDIANO ALFREDO

23 Gen

Polizia Giudiziaria: Art. 334 cp Per chi da remoto cancella dati su smartphone  sottoposto a sequestro

Integra il delitto di cui all’art. 334 cod. pen. la condotta del proprietario di uno smartphone sottoposto a sequestro probatorio che, accedendo da remoto al dispositivo, cancelli tutti i dati informatici in esso presenti, trattandosi di reato a forma libera suscettibile di essere commesso anche con modalità telematiche (Sez. 5, 4343 del 21/10/2022, dep. 2023, Z., Rv. 283963 – 01) .In quella sede si è ribadito: a) che la fattispecie incriminatrice tutela l’interesse della pubblica amministrazione al rispetto del vincolo cautelare imposto (Sez. 6, n. 6238 del 21/01/1976, Casagrande, Rv. 133602 – 01), che nel caso di sequestro penale di tipo probatorio è quello della conservazione del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, necessari al prosieguo delle indagini e all’accertamento del reato; b) che, come si desume sistematicamente dall’art. 635-bis cod. pen, è ben possibile che i dati informatici siano comunque suscettibili di condotte di danneggiamento, quali la distruzione o anche la cancellazione; c) che anche il singolo dato informatico ha, infatti, una sua identità fisica, essendo modificabile, misurabile e anche cancellabile, facendo parte del sequestro a tutti gli effetti, quale contenuto del contenitore sequestrato; d) che, ai sensi del citato art. 334 cod. pen., la condotta è a forma libera e può essere attiva o emissiva mentre la fattispecie incriminatrice non contiene alcuna descrizione tassativa della stessa, venendo descritto solo l’evento dannoso, appunto la sottrazione o il danneggiamento.   Sez. QUINTA PENALE, Sentenza n.1808 del 15/01/2024 (ECLI:IT:CASS:2024:1808PEN), udienza del 23/11/2023, Presidente ZAZA CARLO  Relatore DE MARZO GIUSEPPE

15 Gen

Polizia Giudiziaria: Art. 337 e 612 co 11 cp Resistenza riqualificata in minaccia aggravata a P.U.

Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, dal Collegio pienamente condivisa e ribadita, quando il comportamento aggressivo nei confronti del pubblico ufficiale non sia diretto a costringere il soggetto a fare un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio, ma sia solo espressione di volgarità ingiuriosa e di atteggiamento genericamente minaccioso, senza alcuna finalizzazione ad incidere sull’attività dell’ufficio o del servizio, la condotta non integra il delitto di cui all’art. 337 cod. pen. ; ma i reati di ingiuria e di minaccia, aggravati dalla qualità delle persone offese, per la cui procedibilità è necessaria la querela (cfr. da ultimo, Sez. 6, n. 23684 del 14/05/2015, Bianchini, Rv. 263813) Sez. SESTA PENALE, Sentenza n.224 del 03/01/2024 (ECLI:IT:CASS:2024:224PEN), udienza del 10/11/2023, Presidente VILLONI ORLANDO  Relatore TRIPICCIONE DEBORA

8 Gen

Polizia Giudiziaria: Art. 497 ter cp  Possesso di segni distintivi contraffatti detenzione di una paletta non più in uso

L’art. 497-ter, comma 1, n. 1, seconda parte, cod. pen. sanziona l’illecita detenzione di un contrassegno delle Forze dell’Ordine idoneo a trarre agevolmente in inganno i cittadini sulle qualità personali di colui che ne faccia eventuale uso e sul potere connesso e, nel caso de quo, gli oggetti diversi dalla paletta comunque simulano l’appartenenza all’Arma dei Carabinieri, anche in considerazione della circostanza che questa Corte ha affermato che integra il reato di cui all’art. 497-ter, comma primo, n. 1, seconda parte, cod. pen., la detenzione di un contrassegno (nella specie una paletta segnaletica), ancorché attualmente non più in uso alla Polizia, considerato che il requisito dell’attualità dell’uso è richiesto solo per l’ipotesi di cui all’art. 497-ter, comma primo, n. 1, prima parte, cod. pen., mentre l’ipotesi di cui all’art. 497-ter, comma primo, n. 1, seconda parte, cod. pen. sanziona anche la detenzione di segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione che, pur senza riprodurre fedelmente gli originali, ne simulino la funzione, siano cioè idonei a trarre agevolmente in inganno i cittadini sulle qualità personali di colui che ne fa uso e sul potere connesso all’uso stesso del segno (Sez 5, n. 35094 del 23/05/2013, Bongiorno, Rv. 256951); Sez. SETTIMA PENALE, Ordinanza n.50346 del 18/12/2023 (ECLI:IT:CASS:2023:50346PEN), udienza del 22/11/2023, Presidente SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO  Relatore ROMANO MICHELE

8 Gen

Polizia Giudiziaria: Art. 628 cp  Rapina  la minaccia è integrata da  qualsiasi comportamento deciso

Si riafferma infatti che la minaccia necessaria ad integrare l’elemento oggettivo della rapina può consistere in qualsiasi comportamento deciso, perentorio e univoco dell’agente che sia “astrattamente” idoneo a produrre l’effetto di turbare o diminuire la libertà psichica e morale del soggetto passivo (Sez. 1, Sentenza n. 46118 del 04/11/2009, Di Prima, Rv. 245498 – 01), nulla rilevando che, “in concreto”, la vittima mostri una resilienza alla costrizione superiore alle aspettative. 2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti previste dagli artt. 62, nn. 4) e 6) e 114 cod. pen.: si deduceva che il danno inflitto sarebbe stato di lieve entità e che il contributo del ricorrente alla realizzazione della condotta criminosa sarebbe stato marginale. Sez. SECONDA PENALE, Sentenza n.51316 del 22/12/2023 (ECLI:IT:CASS:2023:51316PEN), udienza del 09/11/2023, Presidente IMPERIALI LUCIANO  Relatore RECCHIONE SANDRA

29 Dic

Polizia Giudiziaria: Art. 195, comma 4, cod. proc. pen Divieto di deposizione indiretta resa dalla  polizia giudiziaria

Questa Corte, assolutamente consolidato sul punto, che ha provveduto a definire e delimitare il divieto probatorio della deposizione indiretta resa dall’uff.le di polizia giudiziaria (solo tra le più recenti, Sez. 4, n. 16830 del 10/02/2021, Rv. 281073; Sez. 2, n. 29172 del 08/09/2020, Rv. 278811) attenendosi strettamente al dato testuale (conformato dalla Corte costituzionale, sent. 305/2003 e già interpretato dalle Sez. U. di questa Corte, n. 36747 del 28/5/2003, Torcasio, Rv. 225469), concludendo che il divieto imposto dall’art. 195, comma 4, del codice di rito opera solo in relazione alle “dichiarazioni” (verbalizzate o meno esse siano) rese nel corso del procedimento, non ostracizzando invece le libere espressioni verbali rese al di fuori di esso (tra le tante: Sez. 1, n. 33821, del 20/6/2014, Rv. 263219; Sez. 2, n. 150 del 18/10/2012, dep. 2013, Rv. 254678), intendendo con l’espressione “dichiarazioni”, non le libere espressioni verbali rese nel corso di colloqui estemporanei intervenuti nell’immediatezza del fatto ed essenziali nelle fasi concitate del postfatto, ma solo quelle inserite in un momento dialogico investigativo (un dialogo sincronico) che muove nell’alveo di un procedimento già incardinato. Gli “altri casi” per i quali l’art. 195, comma 4, legittima la testimonianza de auditu dell’uff.le di polizia giudiziaria si riducono, infatti, alle sole ipotesi in cui dichiarazioni di contenuto narrativo siano state rese da terzi e percepite dal teste dibattimentale “al di fuori di uno specifico contesto procedimentale di acquisizione delle medesime”, in una situazione operativa eccezionale o di straordinaria urgenza e, quindi, al di fuori di un “dialogo tra teste e ufficiale o agente di p.g., ciascuno nella propria qualità”. Esemplificativamente, si pensi alle frasi pronunciate dalla persona offesa o da altri soggetti presenti al fatto, nell’immediatezza dell’episodio criminoso; alle dichiarazioni percepite nel corso di attività investigative tipiche – quali perquisizioni, accertamenti su luoghi – o atipiche – quali appostamenti, pedinamenti e osservazioni (così, in motivazione, le Sezioni unite del 2003, n. 36747). L’eccepita inutilizzabilità non vince peraltro (almeno limitatamente ai fatti descritti ai capi 1 e 3), neppure la prova di resistenza costituita da altro e differente corredo indiziario convergente, autonomamente utilizzabile. Sez. SECONDA PENALE, Sentenza n.49948 del 15/12/2023 (ECLI:IT:CASS:2023:49948PEN), udienza del 26/10/2023, Presidente RAGO GEPPINO  Relatore PERROTTI MASSIMO

19 Dic

Polizia Giudiziaria: Messaggistica Whatsapp

(sulla natura documentale della messaggistica WhatsApp, sez. 6, n. 22417 del 16/3/2022, Sgromo, Rv. 283319-01, in cui si è chiarito, in tema di mezzi di prova, che i messaggi “whatsapp” e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., sicché è legittima la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica, non trovando applicazione né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza di cui all’art. 254 cod. proc. pen.; sez. 5, n. 1822 del 21/11/2017, dep. 2018, Parodi, Rv. 272319-01; sez. 3, n. 8332 del 6/11/2019, R., Rv. 278635-01; sez. 5, n. 12062 del 5/2/2021, Di Calogero, Rv. 280758-01); Sez. SETTIMA PENALE, Ordinanza n.49864 del 14/12/2023 (ECLI:IT:CASS:2023:49864PEN), udienza del 09/11/2023, Presidente DI SALVO EMANUELE  Relatore CAPPELLO GABRIELLA

16 Dic

Polizia Giudiziaria: Art. 635 cp Procedibilità d’ufficio

Pertanto, risulta chiaramente che, a seguito della citata novella legislativa: a) il delitto di danneggiamento è procedibile a querela della persona offesa solo «[n]ei casi previsti dal primo comma» dell’art. 635 cod. pen., con l’eccezione di quelli tra tali casi in cui il fatto sia commesso in occasione del delitto previsto dall’art. 331 cod. pen. (interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità) o in cui la persona offesa sia incapace per età o per infermità; b) di conseguenza, nei casi di cui al secondo e al terzo comma dell’art. 6:35 cod. pen., il danneggiamento è procedibile d’ufficio.Poiché tra i casi previsti dal secondo comma dell’art. 635 cod. pen. in cui il danneggiamento, come si è detto, è procedibile d’ufficio è compreso il caso del danneggiamento «delle cose indicate nel numero 7) dell’articolo 625» cod. pen., e poiché tra queste ultime cose, indicate in tale n. 7), sono a loro volta comprese le cose «esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede», ne discende che, col ritenere che, per il danneggiamento di tali cose, non si debba ormai procedere d’ufficio ma a querela di parte, il Tribunale di Bergamo ha violato l’art. 635, secondo e quinto comma„ cod. pen. 2. Sez. SECONDA PENALE, Sentenza n.48284 del 04/12/2023 (ECLI:IT:CASS:2023:48284PEN), udienza del 24/10/2023, Presidente BELTRANI SERGIO  Relatore NICASTRO GIUSEPPE