Categoria: Varie

29 Dic

Varie : Nuove modifiche  al CP e CPP

Sulla G.U.  n.300 del 27-12-2023 è stata pubblicata la LEGGE 27.12.2023, n. 206  Disposizioni organiche per la  valorizzazione,  la  promozione  e  la tutela del made in Italy.  Vigente al: 11-1-2024  che modifica i sottonotati articoli del Codice Penale e Procedura penale

Art. 52 Modifica all’articolo 517 del codice penale in materia di vendita  di  prodotti industriali con segni mendaci   1. All’articolo 517 del codice penale, dopo la  parola:  «Chiunque» sono inserite le seguenti: «detiene per la vendita,».

Art. 53 Modifiche all’articolo 260 del codice di procedura penale in  materia   di distruzione delle merci contraffatte oggetto di sequestro  1. All’articolo 260 del codice di procedura penale  sono  apportate le seguenti modificazioni:    a) il comma 3-bis e’ sostituito da seguente:   «3-bis. L’autorita’ giudiziaria, anche su richiesta dell’organo accertatore o della persona offesa, quando il decreto di sequestro  o di convalida del sequestro non  e’  piu’  assoggettabile  a  riesame, dispone il prelievo di uno o piu’ campioni,  con  l’osservanza  delle formalita’ di cui all’articolo 364, e  ordina  la  distruzione  della merce residua, nel caso di merci di  cui  sono  comunque  vietati  la fabbricazione, il possesso, la detenzione o  la  commercializzazione, quando le stesse sono di difficile custodia ovvero quando la custodia risulta particolarmente onerosa o pericolosa  per  la  sicurezza,  la salute  o  l’igiene  pubblica  ovvero  quando  risulti  evidente   la violazione dei  predetti  divieti,  anche  in  ragione  della  natura contraffatta o usurpativa delle  merci.  Se  la  conservazione  della merce e’ assolutamente necessaria per la prosecuzione delle indagini, l’autorita’  giudiziaria  dispone  in  tal  senso  con  provvedimento motivato»;      b) al comma 3-ter:        1)  al  primo  periodo,  le  parole:  «puo’   procedere»   sono sostituite  dalla  seguente:  «procede»  e  dopo  le  parole:  «merci contraffatte» sono inserite le seguenti: «o usurpative»; 2) il secondo e il terzo periodo sono sostituiti dal  seguente:

«La  distruzione   puo’   avvenire   dopo   quindici   giorni   dalla comunicazione, salva diversa decisione dell’autorita’ giudiziaria, ed e’ preceduta dal prelievo di uno o piu’  campioni,  con  l’osservanza delle formalita’ di cui all’articolo 364».

Art. 54 Modifica all’articolo 81 delle norme di attuazione, di  coordinamento   e transitorie  del  codice  di  procedura  penale,  in  materia  di  redazione del verbale di sequestro  1. Ai fini della semplificazione delle attivita’ materiali connesse all’inventariazione dei beni sequestrati, all’articolo 81,  comma  1, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo:  «Nel  caso  di  beni contraffatti,   l’elenco   puo’   essere   sostituito   dalla    loro catalogazione per tipologia e la quantita’ puo’ essere  indicata  per massa, volume o peso».

Art. 55  Operazioni sotto copertura  1. Per il rafforzamento degli strumenti di indagine nell’ambito dei reati di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazione di origine dei prodotti agroalimentari, all’articolo 9, comma 1, lettera a), della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo le parole: «473, 474,» e’ inserita la seguente: «517-quater,».

Art. 56 Disposizione in materia di revoca o diniego di rinnovo  del  permesso  di soggiorno per reati di contraffazione   1. All’articolo 5 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina  dell’immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 5-ter e’ inserito il seguente:      «5-quater. Nei casi  di  condanna  per  i  reati  in  materia  di contraffazione previsti dall’articolo 4, comma  3,  nel  valutare  la pericolosita’ dello straniero per l’ordine pubblico  e  la  sicurezza  dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia  ha  sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera  circolazione  delle  persone  ai   fini   dell’adozione   del provvedimento di revoca o di diniego  del  rinnovo  del  permesso  di soggiorno,  si  tiene  conto  della  collaborazione  prestata   dallo straniero  all’autorita’  di  polizia  o  all’autorita’  giudiziaria, durante la fase delle indagini ovvero anche dopo la condanna, ai fini della  raccolta  di  elementi  decisivi  per  l’identificazione   dei soggetti implicati nella produzione e distribuzione  dei  prodotti  o dei servizi che costituiscono violazione dei  diritti  di  proprieta’ industriale nonche’ per l’individuazione dei beni contraffatti o  dei proventi  derivanti  dalla  violazione  dei  diritti  di   proprieta’ industriale».

20 Ott

Varie : Art. 14 TU Immigrazione la mancanza di documenti per ottemperare al provvedimento espulsivo non è un giustificato motivo

Il giustificato motivo che ‘esclude rilievo penale alla condotta è costituito da una situazione di concreta e assoluta inesigibilità dell’ottemperanza all’ordine di allontanamento di cui l’intimato deve dare specifico conto, tanto che si deve escludere che possono avere rilievo delle condizioni di generica difficoltà nel dare esecuzione allo stesso (in questo senso cfr. sempre Sez. 1 n. 13406 del 26/2/2020, Teqja, n.m; nonché Cass. Sez. 1, n. 30779 del 7/7/2006, Farina, Rv. 234883). Sotto tale profilo, pertanto, nel caso di specie, in assenza di prova in atti che l’imputato si sia tempestivamente attivato per ottenere un documento sostitutivo di quello mancante e senza peraltro che la difesa abbia fornito alcuna giustificazione in merito, il mancato possesso di passaporto o di altro valido documento per l’espatrio non costituisce di per sé giustificato motivo dell’accertato inadempimento e il giudice non era tenuto a fornire una specifica motivazione sul punto (in questo senso ancora Sez. 1 n. 13406 del 26/2/2020, Teqja, n.m. e Cass. Sez. 1, n. 40827 del 5 febbraio 2019, Markovic, Rv. 277449 nonché Cass. Sez. 1, n. 9754 del 18 febbraio 2010, Singh, Rv. 246516).  Sez. PRIMA PENALE, Sentenza n.41340 del 11/10/2023 (ECLI:IT:CASS:2023:41340PEN), udienza del 18/05/2023, Presidente BONI MONICA  Relatore MONACO MARCO MARIA

4 Set

Varie : Termine isolamento per test diagnostico positivo per SARS-CoV-2

L’art 9 del  DECRETO-LEGGE 10 agosto 2023, n. 105 pubblicato sulla GU Serie Generale n.186 del 10-08-2023   “Abolizione degli obblighi in materia di isolamento e autosorveglianza e modifica della disciplina del monitoraggio della situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del virus SARS[1]CoV-2” ha  abrogato l’articolo 10 -ter (Isolamento e autosorveglianza) Pertanto le persone risultate positive ad un test diagnostico molecolare o antigenico per SARS-CoV-2 non sono più sottoposte alla misura dell’isolamento.

21 Dic

Pronunce : Art. 477 e 482 cod. pen Falso documento sostitutivo della carta di circolazione attestante un falso passaggio di proprietà a  suo favore.

Va premesso che le Sezioni Unite hanno recentemente affermato che «la formazione della copia di un atto inesistente non integra il reato di falsità materiale, salvo che la copia assuma l’apparenza di un atto originale» (Sez. U, n. 35814 del 28/03/2019, Marcis, Rv. 276285). Tale pronuncia circoscrive l’ambito di rilevanza penale alla sole ipotesi in cui la copia di un documento si presenti o venga esibita con caratteristiche tali da sembrare un originale o, comunque, risulti idonea a documentare l’esistenza di un originale conforme, “valorizzando” il comportamento del soggetto resosi autore dell’attività di contraffazione del documento prodotto, animato dalla volontà di attribuire a tale documento una parvenza di originalità e di sorprendere, quindi, la fede pubblica. In tale prospettiva, risulta irrilevante l’esistenza o meno dell’atto originale col quale dovrebbe effettuarsi il raffronto comparativo, atteso che l’intervento falsificatorio assume come riferimento non tanto la copia in sé quanto, piuttosto, il suo contenuto dichiarativo o di attestazione falsamente °steso. Nel caso in esame, la falsa fotocopia del documento sostitutivo della carta di circolazione si presentava con caratteristiche tali da sembrare un originale (timbro, firma del titolare dell’agenzia, codice dell’agenzia, indicazione di tutti i dati del veicolo). Particolarmente significativo era anche il comportamento dell’imputato, che utilizzava concretamente il documento in questione, palesando in tal modo la volontà di attribuire a esso una parvenza di originalità e di sorprendere, quindi, la fede pubblica. Sez. QUINTA PENALE, Sentenza n.47823 del 19/12/2022 (ECLI:IT:CASS:2022:47823PEN), udienza del 11/11/2022, Presidente DE MARZO GIUSEPPE  Relatore CIRILLO PIERANGELO

10 Dic

Pronunce : Art. 575 cp Omicidio e desistenza volontaria

In tema di reati di danno a forma libera, come appunto quello di omicidio, la desistenza volontaria, che presuppone un tentativo incompiuto, non è configurabile una volta che siano posti in essere gli atti da cui origina il meccanismo causale capace di produrre l’evento, rispetto ai quali può operare, se il soggetto agente tiene una condotta attiva che valga a scongiurare l’evento, la diminuente per il cosiddetto recesso attivo (fra le altre, Sez. 1, n. 11746 del 28/02/2012, Price, Rv. 252259 – 01; Sez. 1, n. 39293 del 23/09/2008, Di Salvo, Rv. 241340 – 01; Sez. 1, n. 42749 del 02/10/2007, Pepini, Rv. 238112 – 01). Sez. PRIMA PENALE, Sentenza n.46489 del 07/12/2022 (ECLI:IT:CASS:2022:46489PEN), udienza del 16/05/2022, Presidente BIANCHI MICHELE  Relatore BINENTI ROBERTO

29 Nov

Pronunce : Dolo eventuale colpa cosciente

In tema di elemento soggettivo del reato, le Sezioni Unite hanno tracciato chiaramente il discrimen tra il dolo eventuale e la colpa cosciente, affermando che ricorre il primo quando l’agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell’evento concreto e ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi; ricorre invece la colpa cosciente quando la volontà dell’agente non è diretta verso l’evento ed egli, pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l’evento illecito, si astiene dall’agire doveroso per trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 Ud. (dep. 18/09/2014 ), Espenhahn e altri, Rv. 26110401). Le Sezioni unite hanno, dunque, rimarcato la centralità nel dolo eventuale della componente volitiva dell’elemento soggettivo, affermando che “se la previsione è elemento anche della colpa cosciente è sul piano della volizione che va ricercata la distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente”, laddove “la colpevolezza per l’accettazione del rischio non consentito corrisponde alla colpevolezza propria del reato colposo non alla più grave colpevolezza che caratterizza il reato doloso”. Ai fini della configurabilità del dolo eventuale, pertanto, non basta “la previsione del possibile verificarsi dell’evento; è necessario anche – e soprattutto – che l’evento sia considerato come prezzo (eventuale) da pagare per il raggiungimento di un determinato risultato”. Nella prospettiva tracciata dalle Sezioni Unite ( par. 50) dirimente ai fini della configurabilità del dolo eventuale è un “atteggiamento psichico che indichi una qualche adesione all’evento per il caso che esso si verifichi quale conseguenza non direttamente voluta della propria condotta”. Nella consapevolezza della complessità dell’accertamento giudiziale, le Sezioni Unite hanno enucleato alcuni indicatori del dolo eventuale, quali: a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalità e le pregresse esperienze dell’agente; c) la durata e la ripetizione dell’azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali; f) la probabilità di verificazione dell’evento; g) le conseguenze negative anche per l’autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l’azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento (c.d. formula di Frank). Questo vuol dire che, per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta, aderendo psicologicamente ad essa potendo fondarsi sugli indicatori sopra richiamati nell’indagine giudiziaria volta a ricostruire l'”iter” e l’esito del processo decisionale, può (Sez. 5, n. 23992 del 23/02/2015 Rv. 265306). 3.1. Può dirsi, quindi, che sussiste il dolo eventuale, e non la colpa cosciente, quando l’agente si sia rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell’evento e si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di cagionarlo come sviluppo collaterale o accidentale, ma comunque preventivamente accettato, della propria azione, in modo tale che, sul piano del giudizio controfattuale, possa concludersi che egli non si sarebbe trattenuto dal porre in essere la condotta illecita, neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento medesimo. ( Sez. 1, n. 18220 del 11/03/2015 Rv. 263856). Mentre, ricorre la colpa cosciente quando la volontà dell’agente non è diretta verso l’evento ed egli, pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l’evento illecito, si astiene dall’agire doveroso per trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo (Sez. 4, n. 35585 del 12/05/2017, Rv. 270776; conf. Rv. 271158). Sez. QUINTA PENALE, Sentenza n.44407 del 22/11/2022 (ECLI:IT:CASS:2022:44407PEN), udienza del 10/10/2022, Presidente PALLA STEFANO  Relatore BELMONTE MARIA TERESA

12 Ott

Pronunce : Prove discrimen tra massima di esperienza e mera congettura

Occorre notare come la giurisprudenza di legittimità abbia tracciato un netto discrimen tra massima di esperienza e mera congettura: una massima di esperienza è un giudizio ipotetico a contenuto generale, indipendente dal caso concreto, fondato su ripetute esperienze ma autonomo da esse, e valevole per nuovi casi (Sez. 6, n.31706 del 7-3-2003,Abbate, Rv. 228401). Si tratta dunque di generalizzazioni empiriche, tratte, con procedimento induttivo, dall’esperienza comune, che forniscono al giudice informazioni su ciò che normalmente accade, secondo orientamenti largamente diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in cui matura la decisione. Dunque, nozioni di senso comune (common sense presumptions), enucleate da una pluralità di casi particolari, ipotizzati come generali, siccome regolari e ricorrenti, che il giudice in tanto può utilizzare in / quanto non si risolvano in semplici illazioni o in criteri meramente intuitivi o addirittura contrastanti con conoscenze e parametri riconosciuti e non controversi. Nelle massime di esperienza, il dato è connotato da un elevato grado di corroborazione correlato all’esito positivo delle verifiche empiriche cui è stato sottoposto e quindi la massima può essere formulata sulla base dell’id quod plerumque accidit. La congettura invece si iscrive nell’orizzonte della mera possibilità sicchè la massima è insuscettibile di riscontro empirico e quindi di dimostrazione. Pertanto, nella concatenazione logica di vari sillogismi, in cui si sostanzia la motivazione, possono trovare ingresso soltanto le massime di esperienza e non, come nel caso in disamina, le mere congetture (Cass., 22-10- 1990, Grilli). Sez. QUARTA PENALE, Sentenza n.38011 del 07/10/2022 (ECLI:IT:CASS:2022:38011PEN), udienza del 05/07/2022, Presidente MONTAGNI ANDREA  Relatore DI SALVO EMANUELE

26 Set

Diritto di antenna

di Laura Bazzan

Il diritto di antenna riconosciuto dalla legge n. 554/40 e regolato dall’art. 209 del dlgs n. 259/2003 ha natura soggettiva perfetta e personale ma incontra il limite della proprietà altrui

Il cd. diritto di antenna consiste nel diritto ad installare proprie antenne per le telecomunicazioni, ed accessori necessari al loro funzionamento, su beni condominiali o beni altrui.

Si tratta di un diritto soggettivo perfetto di natura personale, cui la giurisprudenza maggioritaria riconosce carattere assoluto quale espressione del diritto costituzionalmente garantito all’informazione.

Il diritto di antenna comprende, altresì, il diritto di accedere alle parti comuni o di proprietà esclusiva per provvedere alla manutenzione e riparazione degli impianti di ricezione e trasmissione.

Tale diritto è riconosciuto dagli artt. 1 e 3 della L. n. 554/1940 ed è regolato dall’art. 209 del d.lgs. n. 259/2003 (cd. Codice delle comunicazioni elettroniche).

Limiti legali al diritto di antenna

Il diritto di antenna, in base a quanto previsto dall’art. 2 della legge n. 554/1940, non deve in alcun modo impedire il libero uso della proprietà in base alla sua destinazione e non deve arrecare danni alla proprietà stessa e ai terzi.

L’art. 209 del Codice delle comunicazioni elettroniche fornisce maggiori dettagli sui limiti del diritto di antenna, affrontando anche il problema della installazione in condominio, oggetto si estremo interesse per la complessità delle problematiche giuridiche che pone la installazione delle antenne negli edifici condominiali.

Nel dettaglio l’art. 209 sopra richiamato dispone che: “1. I proprietari di immobili o di porzioni di immobili non possono opporsi alla installazione sulla loro proprieta’ di antenne appartenenti agli abitanti dell’immobile stesso destinate alla ricezione dei servizi di radiodiffusione e per la fruizione dei servizi radioamatoriali. 2. Le antenne, i relativi sostegni, cavi ed accessori non devono in alcun modo impedire il libero uso della proprietà, secondo la sua destinazione, ne’ arrecare danno alla proprietà medesima od a terzi. 3. Si applicano all’installazione delle antenne l’articolo 91, nonche’ il settimo comma dell’articolo 92. 4. Gli impianti devono essere realizzati secondo le norme tecniche emanate dal Ministero. 5. Nel caso di antenne destinate a servizi di comunicazione elettronica ad uso privato e’ necessario il consenso del proprietario o del condominio, cui e’ dovuta un’equa indennità che, in mancanza di accordo fra le parti, sarà determinata dall’autorità giudiziaria.”

Diritto di antenna su proprietà altrui

Come ha precisato in maggiore dettaglio la Cassazione riguardo alla installazione dell’antenna sulla proprietà esclusiva altrui, condividendo pienamente quanto affermato dalla sentenza impugnata della Corte di Appello: “il diritto derivante dalla normativa in materia di installazione di antenne televisive “incontra il divieto di menomare il diritto di proprietà di colui che deve consentire l’installazione su parte del proprio immobile, ove l’istante abbia la possibilità di collocare un’antenna in una parte dell’immobile di proprietà personale o condominiale”. Ne discende che il diritto di proprietà non costituisce affatto, secondo il giudice di seconde cure, l’oggetto della tutela azionata in giudizio, ma solo un limite al diritto all’installazione, laddove l’istante abbia la possibilità di collocare le antenne su di una parte del dell’immobile di sua proprietà o di proprietà condominiale” (cfr. sentenza n. 16865/2017).

Concetto che è stato ribadito più dettagliatamente dalla Cassazione nella sentenza n. 6088/2021: ” l’art. 209 (del dlgs n. 259/2003) dispone che il proprietario non possa opporsi alla installazione sulla sua proprietà di “antenne appartenenti agli abitanti dell’immobile stesso destinate alla ricezione dei servizi di radiodiffusione e per la fruizione dei servizi radioamatoriali – con il limite che – le antenne, i relativi sostegni, cavi ed accessori non devono in alcun modo impedire il libero uso della proprietà, secondo la sua destinazione, ne’ arrecare danno alla proprietà medesima od a terzi”.

L’orientamento consolidato della giurisprudenza della Corte di Cassazione qualifica il c.d. diritto di antenna alla stregua di un diritto soggettivo perfetto e assoluto di natura personale, avente la sua fonte nella primaria libertà, costituzionalmente garantita, all’informazione. Il riconoscimento di tale diritto, tuttavia, incontra un limite nella tutela dell’altrui diritto di proprietà nonché nel principio della necessità. In particolare, in caso di edifici condominiali, il sacrificio imposto al proprietario che debba tollerare l’installazione di antenne televisive altrui si giustifica solamente qualora l’avente diritto non possa utilizzare a tal fine spazi propri o condominiali.

Ha in proposito statuito la S.C.: “Con riguardo ad un edificio in condominio ed all’installazione d’apparecchi per la ricezione di programmi radiotelevisivi, il diritto di collocare nell’altrui proprietà antenne televisive, riconosciuto dagli artt. 1 e 3 della legge 6 maggio 1940, n. 554 e 231 del Dpr 29 marzo 1973, n. 156 (ed attualmente regolato dagli artt. 91 e 209 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259), è subordinato all’impossibilità per l’utente di servizi radiotelevisivi di utilizzare spazi propri, poiché il diritto all’installazione non comporta anche quello di scegliere a piacimento il sito preferito per l’antenna” (v. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9427 del 21/04/2009). La citata sentenza soggiunge altresì che il diritto di antenna “va coordinato con la esistenza di una effettiva esigenza di soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o dei condomini … e quindi con il dovere della proprietà servente di soggiacere alla pretesa del vicino solo qualora costui non possa autonomamente provvedere ai propri bisogni” (v. Cass. n. 9427/2009; conf. Cass. n. 16865/2017).

Come rilevato, nel caso di specie, si tratterebbe non già di riconoscere il diritto degli attori di installare l’antenna sulla proprietà esclusiva altrui, quanto di imporre al proprietario dell’appartamento sito all’ultimo piano di consentire il passaggio nella sua proprietà al fine del compimento delle attività necessarie all’installazione dell’antenna e della successiva manutenzione. Orbene, sebbene in forza della richiamata normativa ciò non costituirebbe in sé un limite insuperabile all’installazione dell’antenna (astraendo dal fatto che il proprietario interessato non è stato evocato in giudizio), deve rilevarsi come, nel caso di specie, la domanda risulti carente in quanto all’allegazione di un’effettiva esigenza da soddisfare, all’indicazione delle modalità con cui si vorrebbe soddisfarla e all’inesistenza di soluzioni di minore disagio individuale e collettivo.

Non è stato infatti indicato in modo sufficientemente specifico il punto preciso in cui l’antenna dovrebbe essere installata, né è stato indicato quale debba essere il percorso dei cavi di collegamento dell’antenna all’appartamento dell’istante e su quali proprietà, individuali e/o comuni, tale percorso dovrebbe snodarsi. Parimenti, non è stato dimostrato che la soluzione prospettata da parte attrice sia l’unica tecnicamente possibile ovvero preferibile alle altre, né è stata provata la necessità di parte attrice di installare l’antenna anche in relazione alla presenza di altra antenna centralizzata, già presente sulla copertura condominiale.Pertanto, nel caso di specie non può reputarsi soddisfatto l’onere probatorio che la normativa e la giurisprudenza testé citate richiedono al fine del riconoscimento in concreto del diritto di antenna”.

Fonte Studio Cataldi

29 Ago

Pronunce : MAE Trattamento inumano e degradante

“In tema di mandato di arresto europeo esecutivo, è onere del ricorrente che voglia ottenere un provvedimento di rifiuto della consegna, ex art. 18, comma primo, lett. h), L. n. 69 del 2005, allegare fonti attendibili, specifiche ed aggiornate su cui poter fondare la ragionevole affermazione dell’esistenza di un concreto pericolo di trattamento inumano e degradante determinato dalle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto prive dell’indicata attendibilità notizie riportate da un blog di un quotidiano e da un documento di un’associazione politico- culturale nazionale)” (Sez. 6 – , Sentenza n. 41075 del 10/11/2021 Cc. (dep. 11/11/2021) Rv. 282120 – 01; vedi anche Sez. 2, Sentenza n. 3679 del 24/01/2017 Cc. (dep. 25/01/2017) Rv. 269211 – 0). Sez. FERIALE PENALE, Sentenza n.31708 del 24/08/2022 (ECLI:IT:CASS:2022:31708PEN), udienza del 23/08/2022, Presidente DI STEFANO PIERLUIGI  Relatore SOCCI ANGELO MATTEO

27 Ago

Cassazione: screditare con sanzioni un dipendente è mobbing

di A. Pagliuca

Per i giudici del Palazzaccio, l’irrogazione di sanzioni disciplinari atte a screditare il dipendente configura il mobbing
Screditare il lavoratore è mobbing
Il ricorso del Miur

La Corte di Cassazione, con ordinanza 22381/2022, ha stabilito che l’irrogazione di provvedimenti disciplinari che hanno come unico obiettivo quello di screditare il lavoratore configura mobbing.
Lo stesso lavoratore potrà quindi chiedere il risarcimento dei danni per gli atti subiti.
Viene infatti riconosciuta dai giudici, l’illegittimità di taluni provvedimenti presi da un istituto scolastico nei confronti di una insegnante sospesa e quindi trasferita successivamente senza una valida motivazione. La mancanza di motivazione, costituisce una lesione all’autorevolezza ed al prestigio del lavoratore.

Il ricorso del Miur

La docente di un liceo romano, a seguito di atti persecutori da parte del preside dell’istituto, ha sviluppato una sindrome ansioso-depressiva che l’ha portata a ricorrere al TAR, che dopo un’attenta analisi ha effettivamente accertato la condotta mobbizzante del MIUR. Una condotta che è stata successivamente accertata anche in sede civile presso la Corte d’Appello di Roma. A ricorrere in Corte di Cassazione è stato il MIUR.
Ricorso respinto in quanto è stata acclarata l’intenzione di voler ledere la dignità della docente “minandone gravemente dignità e prestigio”.

Provvedimenti disciplinari vessatori reiterati

Poichè i provvedimenti disciplinari non sono isolati ma reiterati, dimostrando quindi l’intenzionalità nel voler colpire la lavoratrice, si può parlare di mobbing.
La docente ha infatti subito “comportamenti di carattere vessatorio, con la conseguenza dell’evento lesivo della salute o della dignità del dipendente e l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti” come riportato da Cass.19782/2014.
La Corte ha quindi respinto il ricorso, riconoscendo alla lavoratrice un risarcimento del danno in relazione agli atti subiti.

Fonte Diritto e Giustizia