Lesioni gravi o gravissime per violazione colposa delle norme sulla circolazione stradale: la procedibilità d’ufficio è (di nuovo) salva

25 Dic

Lesioni gravi o gravissime per violazione colposa delle norme sulla circolazione stradale: la procedibilità d’ufficio è (di nuovo) salva

Benché le condotte integranti il delitto di lesioni gravi o gravissime per violazione colposa delle norme in materia di circolazione stradale siano connotate da un minor disvalore rispetto a quelle caratterizzate dalla consapevole (o addirittura temeraria) assunzione di rischi irragionevoli, la procedibilità d’ufficio, anche per le prime, non è manifestamente irragionevole.

di Giuseppe Marino
Corte Cost., ord., 17 dicembre 2021, n. 244

Lo ha confermato la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 244, pubblicata il 17 dicembre 2021.

Il caso. La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, comma 1, c.p., come sostituito dall’art. 1, comma 2, l. n. 41/2016 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al d.lgs. n. 285/1992, e al d.lgs. n. 274/2000), e del d.lgs. n. 36/2018 (Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a e b, e 17, della l. n. 103/2017) nella parte in cui non prevedono la procedibilità a querela nelle ipotesi di lesioni personali stradali gravi o gravissime per le quali la persona offesa risulti integralmente risarcita in ordine ai danni subiti a seguito dell’evento.

Le censure del rimettente. Secondo il giudice a quo, la disciplina censurata sarebbe irragionevole, sotto il duplice profilo della carenza di proporzionalità tra mezzi scelti e finalità perseguite e del mancato rispetto del canone di coerenza sistematica dell’ordinamento, in quanto essa prevede la procedibilità d’ufficio anche in relazione alle lesioni stradali gravi nei casi in cui l’autore del fatto abbia integralmente risarcito la vittima e questa abbia scelto di non proporre querela.

Essendo la circolazione stradale un’attività lecita, per compiere la quale è obbligatoria la sottoscrizione di una polizza assicurativa, ad avviso del rimettente, sarebbe eccessivo e irragionevole, oltre che contrario alla concreta offensività del fatto (art. 13, comma 2, Cost.) ed alla finalità rieducativa della pena (art. 27, comma 3, Cost.) prevedere, a fronte di condotte non connotate da particolare allarme sociale e caratterizzate dalla generica violazione di norme in materia di circolazione stradale, l’indefettibile celebrazione del processo penale, anche in assenza di istanza punitiva della persona offesa che sia stata integralmente risarcita dei danni patiti.

La previsione indiscriminata della procedibilità d’ufficio sia per le lesioni stradali gravi ex art. 590-bis, comma 1, c.p., cui sia seguito il risarcimento del danno in favore della persona offesa, sia per le ipotesi aggravate di cui ai commi successivi della medesima disposizione, realizzerebbe, quindi, un trattamento omogeneo di situazioni differenti, in contrasto con l’art. 3 Cost., indebitamente equiparando l’automobilista c.d. modello, che abbia sempre rispettato tutte le prescrizioni all’uopo richieste dalla legge e colui il quale circoli ignorando le norme del codice della strada o, in particolare, guidi un mezzo privo di copertura assicurativa.

Il quadro normativo. La fattispecie criminosa delle lesioni personali stradali gravi o gravissime, procedibile d’ufficio, è stata introdotta dalla l. n. 41/2016. Successivamente, la l. n. 103/2017 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario) ha delegato il Governo a prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, salva in ogni caso la procedibilità d’ufficio qualora la persona offesa sia incapace per età o per infermità, oppure ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell’articolo 339 c.p.

Nell’esercitare la delega con l’adozione del d.lgs. n. 36/2018, il Governo ha omesso di annoverare tra le fattispecie oggetto della modifica del regime di procedibilità quella di cui al primo comma dell’art. 590-bis c.p., pur punita con una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni.

Violazione colposa delle norme sulla circolazione stradale: chi provoca lesioni personali gravi non può essere considerato un “automobilista modello”. Chiamata a pronunciarsi sulle questioni prospettante dal rimettente – che mirano, in sostanza, ad estendere alla fattispecie base di lesioni stradali il regime di punibilità a querela della persona offesa – la Corte ritiene che le stesse siano manifestamente infondate, essendo in larga parte analoghe a quelle già riconosciute non fondate dalla sentenza n. 248/2020.

In quella occasione, il giudice delle leggi, pur riconoscendo che le condotte indicate al primo comma dell’art. 590-bis c.p. sono connotate da un minor disvalore sul piano della condotta e del grado della colpa rispetto a quelle contemplate dai commi successivi della citata disposizione, ha ritenuto che la procedibilità d’ufficio, anche per le prime, non sia manifestamente irragionevole e, pertanto, lesiva dell’art. 3 Cost.

Ed infatti, contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente, non può considerarsi “automobilista modello” chi abbia violato, sia pure occasionalmente, le norme attinenti alla circolazione stradale, provocando – in conseguenza di tale violazione – lesioni personali gravi o gravissime a carico di terzi, sicché neppure sotto tale profilo la previsione della procedibilità d’ufficio potrebbe essere ritenuta manifestamente irragionevole, così come non lo è – ancor prima – la scelta legislativa di conferire rilevanza penale a una simile condotta.

Per le stesse ragioni non può considerarsi manifestante irragionevole e, pertanto, contraria all’art. 3 Cost., la scelta compiuta dal legislatore con il d.lgs. n. 36/2018 di confermare la procedibilità d’ufficio del delitto di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen., già prevista dalla legge n. 41/2016.

Esclusione della punibilità a querela: scelta discrezionale del legislatore. Analogamente, risultano manifestamente infondate le doglianze, ancora formulate in riferimento all’art. 3 Cost., ma in realtà attinenti al rapporto tra le scelte del legislatore delegato e quelle del legislatore delegante, relative alla mancata previsione della procedibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590-bis, comma 1, c.p., per contrasto con la ratio complessiva della l. n. 103/2017 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario).

Anche a prescindere dall’incongruità del parametro evocato rispetto alla sostanza della doglianza prospettata, infatti, la Consulta ha già ritenuto – con riferimento all’allora denunciata violazione dell’art. 76 Cost. – che, nell’escludere la procedibilità a querela del delitto di cui all’art. 590-bis, comma 1, c.p., il Governo avesse adottato una interpretazione non implausibile – e non distonica rispetto alla ratio di tutela sottesa alle indicazioni del legislatore delegante – del criterio dettato dall’art. 1, comma 16, lett. a), n. 1), della l. n. 103/2017 (Corte Cost., n. 223/2019): il Governo, quindi, non ha travalicato i fisiologici margini di discrezionalità impliciti in qualsiasi legge delega, rispettando la ratio di quest’ultima e le esigenze sistematiche proprie della materia penale, tanto più che, nel caso di specie, si era al cospetto di una delega “ampia” o “vaga”.

Il regime di procedibilità non è incostituzionale, ma andrebbe rivisto. Da ultimo, risultano manifestamente infondate anche le doglianze formulate in riferimento agli artt. 13, co. 2, e 27, comma 3, Cost., per le quali manca qualsiasi autonoma motivazione rispetto ai profili di censura attinenti all’allegata violazione dell’art. 3 Cost.

Ciò nonostante, la pronuncia in commento rinnova l’auspicio che il legislatore rimediti sulla congruità dell’attuale regime di procedibilità per le diverse ipotesi di reato contemplate dall’art. 590-bis c.p. (cfr. Corte Cost., n. 223/2019 e n. 248/2020). Come detto, le violazioni di cui al primo comma sono connotate da un disvalore inferiore a quello proprio delle assai più gravi ipotesi di colpa cui si riferiscono i commi successivi dell’art. 590-bis c.p., le quali sono caratterizzate in gran parte dalla consapevole (o addirittura temeraria) assunzione di rischi irragionevoli: ad esempio, da parte di chi si ponga alla guida di un veicolo avendo assunto sostanze stupefacenti o significative quantità di alcool, ovvero superi del doppio la velocità massima consentita, circoli contromano o, ancora, inverta il senso di marcia in prossimità di una curva o di un dosso.

Inoltre, potrebbe discutersi dell’opportunità dell’indefettibile celebrazione del processo penale a prescindere dalla volontà della persona offesa, specie laddove a quest’ultima sia stato assicurato l’integrale risarcimento del danno subito; e ciò anche a fronte dell’esigenza – di grande rilievo per la complessiva efficienza della giustizia penale – di non sovraccaricare quest’ultima dell’onere di celebrare processi penali non funzionali alle istanze di tutela della vittima.
Corte Cost., ord., 17 dicembre 2021, n. 244

Presidente Amato – Relatore Viganò

Ordinanza

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), e del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36 (Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a e b, e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103), promosso dal Tribunale ordinario di Lecce, sezione prima penale, nel procedimento penale a carico di S. T., con ordinanza del 10 dicembre 2019, iscritta al n. 170 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 novembre 2021 il Giudice relatore Francesco Viganò;

deliberato nella camera di consiglio dell’11 novembre 2021.

Ritenuto che con ordinanza del 10 dicembre 2019, il Tribunale ordinario di Lecce, sezione prima penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,13, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), e del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36 (Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a e b, e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103) «nella parte in cui non prevedono la procedibilità a querela nelle ipotesi di lesioni personali stradali gravi per le quali la persona offesa risulti integralmente risarcita in ordine ai danni subiti a seguito dell’evento»;

che il rimettente deve giudicare della responsabilità di S. T., imputato del reato previsto dall’art. 590-bis cod. pen., per avere, alla guida di un’autovettura, investito il velocipede condotto da P. L., causando a quest’ultimo lesioni gravi consistite in un’emorragia subaracnoidea senza perdita di conoscenza, con pericolo di vita;

che, quanto alla rilevanza delle questioni, il giudice a quo reputa sussistente la responsabilità dell’imputato in ordine al reato contestatogli, sicché un esito del processo diverso dalla condanna sarebbe prospettabile solo ove il delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. fosse procedibile a querela, dal momento che nel caso di specie essa non è stata presentata dalla persona offesa, integralmente risarcita dei danni subiti attraverso l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile;

che, quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni prospettate, il rimettente rammenta che la fattispecie criminosa delle lesioni personali stradali gravi o gravissime, procedibile d’ufficio, è stata introdotta dalla legge n. 41 del 2016;

che l’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario) ha successivamente delegato il Governo a prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, salva in ogni caso la procedibilità d’ufficio qualora la persona offesa sia incapace per età o per infermità, oppure ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell’articolo 339 cod. pen.;

che, nell’esercitare la delega con l’adozione del d.lgs. n. 36 del 2018, il Governo ha omesso di annoverare tra le fattispecie oggetto della modifica del regime di procedibilità quella di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen., pur punita con una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni;

che la disciplina recata dall’art. 590-bis cod. pen. sarebbe irragionevole, sotto il duplice profilo della carenza di «proporzionalità tra mezzi scelti e finalità perseguite» e del mancato rispetto del canone di «coerenza sistematica dell’ordinamento» (è citata la sentenza di questa Corte n. 84 del 1997), in quanto essa prevede la procedibilità d’ufficio anche in relazione alle lesioni stradali gravi di cui al primo comma della disposizione, nei casi in cui l’autore del fatto abbia integralmente risarcito la vittima e questa abbia scelto di non proporre querela;

che, essendo la circolazione stradale un’attività lecita, per compiere la quale è obbligatoria la sottoscrizione di una polizza assicurativa, sarebbe eccessivo e irragionevole, oltre che contrario «al principio di eguaglianza davanti alla legge (art. 3 Cost.), alla concreta offensività del fatto (art. 13 comma 2 Cost.) ed alla finalità rieducativa della pena (art. 27 comma 3 Cost.)» prevedere, a fronte di condotte non connotate da particolare allarme sociale, quali le lesioni colpose gravi contemplate dal primo comma dell’art. 590-bis cod. pen. e caratterizzate dalla generica violazione di norme in materia di circolazione stradale, l’indefettibile celebrazione del processo penale, anche in assenza di istanza punitiva della persona offesa che sia stata integralmente risarcita dei danni patiti;

che le vittime di un sinistro stradale che abbiano riportato lesioni gravi non verserebbero per ciò stesso in una condizione di incapacità che renda impossibile la presentazione della querela nel termine trimestrale previsto dall’art. 124 cod. pen.;

che la previsione indiscriminata della procedibilità d’ufficio sia per le lesioni stradali gravi ex art. 590-bis, primo comma, cod. pen., cui sia seguito il risarcimento del danno in favore della persona offesa, sia per le ipotesi aggravate di cui ai commi successivi della medesima disposizione, realizzerebbe un trattamento omogeneo di situazioni differenti, in contrasto con l’art. 3 Cost., indebitamente equiparando «l’automobilista c.d. modello, che abbia sempre rispettato tutte le prescrizioni all’uopo richieste dalla legge» e «colui il quale circoli ignorando le norme del codice della strada o, in particolare, guidi un mezzo privo di copertura assicurativa»;

che le lesioni personali stradali, nell’ipotesi base di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen., non si connoterebbero per particolare disvalore, a differenza delle ipotesi di cui ai commi successivi, aggravate dalla violazione di regole cautelari specifiche, o dall’uso di sostanze alcooliche o stupefacenti, sicché la previsione della procedibilità d’ufficio sarebbe contraria al canone di proporzionalità;

che sarebbe incoerente mantenere la procedibilità d’ufficio in un ordinamento che consente l’estinzione del reato per condotte riparatorie (art. 162-ter cod. pen.) ed esclude la punibilità per la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis cod. pen.), così frustrando la «finalità deflattiva del contenzioso penale sottesa ai recenti interventi legislativi»;

che la scelta compiuta dal d.lgs. n. 36 del 2018, di non prevedere la procedibilità a querela per le lesioni stradali di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., pur essendo stata ritenuta da questa Corte, nella sentenza n. 223 del 2019, non viziata da eccesso di delega, si paleserebbe comunque contraria agli artt. 3,13, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost.;

che, pur ammettendo che l’avere subito delle lesioni stradali possa compromettere la capacità della persona offesa di presentare querela, tale rischio dovrebbe considerarsi scongiurato in presenza di un documentato risarcimento del danno;

che non avere previsto, nel d.lgs. n. 36 del 2018, la procedibilità a querela nelle ipotesi in cui la persona offesa sia stata ristorata, determinerebbe un’indebita equiparazione tra l’«automobilista modello» che sia incorso in un’occasionale violazione colposa delle norme sulla circolazione stradale, ma abbia integralmente risarcito la persona offesa, e l’automobilista che circoli con un mezzo privo di copertura assicurativa e non provveda al ristoro alla vittima;

che la conservazione della procedibilità d’ufficio sarebbe ingiustificata, anche per lo scarso allarme sociale suscitato dalle condotte punite dal primo comma dell’art. 590-bis cod. pen.;

che l’attività del legislatore delegato, pur connotata da margini di discrezionalità, deve inserirsi in modo coerente nel complessivo quadro normativo, rispettando la ratio della legge delega (sono citate le sentenze di questa Corte n. 59 del 2016, n. 146 e 98 del 2015, n. 119 del 2013);

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni sollevate siano dichiarate inammissibili, improcedibili o comunque non fondate;

che il rimettente avrebbe chiesto a questa Corte un intervento additivo «del tutto improprio», mirante a legare il regime di procedibilità del reato di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. a un elemento – l’avvenuto risarcimento del danno in favore della persona offesa – «assolutamente estraneo alla fattispecie penale», eventuale e rimesso alla volontà dell’autore del reato;

che le censure mosse nei confronti del d.lgs. n 36 del 2018, pur formulate in riferimento a parametri costituzionali diversi dall’art. 76 Cost., sarebbero in realtà del tutto analoghe a quelle già disattese nella sentenza di questa Corte n. 223 del 2019, sicché esse dovrebbero ritenersi manifestamente infondate;

che parimenti da respingere sarebbero le censure indirizzate all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., in riferimento all’art. 3 Cost., non avendo il legislatore oltrepassato – nel prevedere la procedibilità d’ufficio per tale fattispecie criminosa – la soglia della manifesta irrazionalità, che sola consente il sindacato delle scelte legislative sul regime di procedibilità dei reati (sono citate le sentenze di questa Corte n. 220 del 2015 e n. 7 del 1987, le ordinanze n. 324 del 2013, n. 178 del 2003 e n. 204 del 1988);

che tale scelta legislativa risponderebbe, di contro, a una «precisa valutazione in ordine alla tutela dell’integrità fisica delle persone, in relazione alla specifica natura delle norme di cautela violate e alla gravità del danno»;

che non sussisterebbe alcuna irragionevole equiparazione tra colui che abbia stipulato l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile e colui che ne sia sprovvisto, essendo la presenza della polizza assicurativa elemento totalmente estraneo alla fattispecie di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen.;

che la circostanza che l’ordinamento riconnetta alle condotte riparatorie effetti estintivi del reato, ai sensi dell’art. 162-ter, o di attenuazione della responsabilità dell’imputato, ex art. 62, primo comma, numero 6), cod. pen., dimostrerebbe come tali condotte non possano assumere rilievo al diverso fine della procedibilità;

che le censure del rimettente riferite agli artt. 13, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost. sarebbero insufficientemente argomentate e in ogni caso non fondate, inconferente essendo, in particolare, il riferimento all’art. 13, secondo comma, Cost.;

che non potrebbe ravvisarsi alcuna irragionevolezza nell’irrogazione della sanzione penale nonostante l’avvenuto risarcimento del danno patito dalla persona offesa, atteso che «l’ordinamento (salvo l’operare di istituti specifici) prevede la normale convivenza tra intervento risarcitorio e applicazione della sanzione penale»;

che l’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. si applica alle sole lesioni stradali gravi e gravissime, e non a quelle lievi, che restano perseguibili a querela di parte ex art. 590, primo comma, cod. pen.;

che le lesioni colpose gravi commesse in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 590, terzo comma, cod. pen.), anch’esse procedibili d’ufficio (sesto comma del medesimo articolo), sono punite con una pena più contenuta – atteso che si tratta di una pena alternativa – di quella prevista dall’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., sicché «sarebbe semmai distonico nel sistema il fatto che a parità di entità della lesione un fatto ritenuto dal legislatore più grave (perché punito più gravemente) sia procedibile a querela rispetto ad un altro fatto ritenuto dal legislatore meno grave».

Considerato che con ordinanza del 10 dicembre 2019, il Tribunale ordinario di Lecce, sezione prima penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,13, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274) e del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36 (Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a e b, e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103) «nella parte in cui non prevedono la procedibilità a querela nelle ipotesi di lesioni personali stradali gravi per le quali la persona offesa risulti integralmente risarcita in ordine ai danni subiti a seguito dell’evento»;

che – sia pure attraverso un petitum che, come rilevato dall’Avvocatura generale dello Stato, parrebbe voler ancorare il regime di procedibilità alla circostanza, successiva alla commissione del reato, dell’avvenuto integrale risarcimento del reato – le questioni prospettate mirano, in sostanza, a estendere alla fattispecie base di lesioni stradali il regime di punibilità a querela della persona offesa;

che tali questioni sono manifestamente infondate;

che, infatti, censure in larga parte analoghe a quelle oggi in esame sono già state riconosciute non fondate dalla sentenza n. 248 del 2020;

che in tale occasione questa Corte, pur riconoscendo che le condotte di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen. sono connotate da «un minor disvalore sul piano della condotta e del grado della colpa» rispetto a quelle contemplate dai commi successivi della disposizione, ha ritenuto che la procedibilità d’ufficio, anche per le prime, non sia manifestamente irragionevole e, pertanto, lesiva dell’art. 3 Cost.;

che, contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente, non può considerarsi «automobilista modello» chi abbia violato, sia pure occasionalmente, le norme attinenti alla circolazione stradale, provocando – in conseguenza di tale violazione – lesioni personali gravi o gravissime a carico di terzi, sicché neppure sotto tale profilo la previsione della procedibilità d’ufficio potrebbe essere ritenuta manifestamente irragionevole, così come non lo è – ancor prima – la scelta legislativa di conferire rilevanza penale a una simile condotta;

che per le medesime ragioni non può considerarsi manifestante irragionevole, e pertanto contraria all’art. 3 Cost., la scelta compiuta dal legislatore con il d.lgs. n. 36 del 2018 di confermare la procedibilità d’ufficio del delitto di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen., già prevista dalla legge n. 41 del 2016;

che, del pari, manifestamente infondate sono le doglianze, ancora formulate in riferimento all’art. 3 Cost., ma in realtà attinenti al rapporto tra le scelte del legislatore delegato e quelle del legislatore delegante, relative alla mancata previsione della procedibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., per contrasto con la ratio complessiva della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario);

che infatti, anche a prescindere dall’incongruità del parametro evocato rispetto alla sostanza della doglianza prospettata, nella sentenza n. 223 del 2019 questa Corte ha già ritenuto – con riferimento all’allora denunciata violazione dell’art. 76 Cost. – che, nell’escludere la procedibilità a querela del delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., il Governo avesse adottato «una interpretazione non implausibile – e non distonica rispetto alla ratio di tutela sottesa alle indicazioni del legislatore delegante – del criterio dettato dall’art. 1, comma 16, lettera a), numero 1), della legge n. 103 del 2017»;

che manifestamente infondate sono, infine, le doglianze formulate in riferimento agli artt. 13, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., per le quali manca qualsiasi autonoma motivazione rispetto ai profili di censura attinenti all’allegata violazione dell’art. 3 Cost., essi stessi manifestamente infondati per le ragioni di cui si è detto;

che resta attuale, peraltro, l’auspicio che il legislatore rimediti sulla congruità dell’attuale regime di procedibilità per le diverse ipotesi di reato contemplate dall’art. 590-bis cod. pen., per le ragioni già illustrate nelle sentenze n. 223 del 2019 e n. 248 del 2020.

Per Questi Motivi

La Corte Costituzionale

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274) e del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36 (Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a e b, e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103), sollevate, in riferimento agli artt. 3,13, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Lecce, sezione prima penale, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Fonte Diritto e Giustizia

Rispondi