Categoria: Autovelox

25 Ott

Cassazione: anche l’autovelox mobile ‘invisibile’ va segnalato

di Lucia Izzo

Gli Ermellini confermano che anche i dispositivi di rilevazione della velocità con modalità dinamica, come lo Scout Speed, sono sottoposti all’obbligo di presegnalazione scout speed installato dentro una macchina

Anche i dispositivi di rilevamento della velocità con modalità dinamica, come il c.d. “Scout Speed”, sono sottoposti all’obbligo di presegnalazione della postazione di controllo stabilito dal Codice della Strada.

Tale obbligo proviene da una norma di rango superiore (legge ordinaria dello Stato) che dunque non può essere derogata da norme di rango inferiore e secondario quali, ad esempio, quelle contenute in decreti ministeriali. Queste ultime, in caso di contrasto, cedono di fronte alla norma superiore e vanno disapplicate dal giudice ordinario.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nell’ordinanza n. 29595/2021 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso del Comune e confermando le pronunce di merito che avevano dato ragione a un conducente, vittoriosamente assistito nei tre gradi di giudizio dall’avv. Fabio Capraro di Treviso.
Postazioni di rilevamento velocità: preventivamente segnalate

L’uomo, sanzionato ex art. 142, comma 8, C.d.S. per violazione dei limiti di velocità, aveva intrapreso le vie legali lamentando il mancato rispetto dell’obbligo di presegnalazione della postazione di controllo della velocità costituita, nel caso di specie, dal c.d. Scout Speed, installato sulla vettura in dotazione ai Vigili urbani del Comune.

Sia in prime che in seconde cure viene confermata l’illegittimità della sanzione amministrativa, stante il mancato rispetto dell’obbligo previsto dall’art. 142 comma 6-bis, a mente del quale le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili.

Tuttavia, il Comune contesta tale decisione rappresentando come il decreto del MIT del 15 agosto 2007, emesso per la determinazione delle modalità di impiego delle postazioni controllo della velocità, prevedesse l’esonero dall’obbligo di presegnalazione per strumenti di rilevamento della velocità con modalità dinamica, come lo Scout Speed. Disposizione poi confermata dal successivo D.M. n. 282 del 13 giugno 2017.

L’interpretazione di queste norme, che andrebbero ad esonerare dall’obbligo di preventiva segnalazione i dispositivi rilevamento in maniera dinamica, ovvero “ad inseguimento”, installati a bordo dei veicoli, ha portato molte amministrazioni a prediligere i rilevatori mobili, come ad esempio lo Scout Speed, in luogo di quelli fissi, ritenendo di poter in tal modo “sfuggire” al vincolo di trasparenza imposto dal Codice della Strada. La Corte di Cassazione smentisce definitivamente questa ricostruzione.
Obbligo generale stabilito da norma di legge

Gli Ermellini, respingendo integralmente il ricorso del Comune, precisano che, anche se l’art. 142, comma 6-bis rimette a un decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’interno, il compito di stabilire le modalità di impiego delle postazioni di controllo della velocità e delle modalità di segnalazione delle stesse, tale previsione attuativa “opera nell’ambito del generale obbligo di segnalazione preventiva e ben visibile” previsto dalla stessa disposizione del Codice della strada.

Tale norma, spiega il Collegio, “in quanto legge ordinaria dello Stato è fonte di rango superiore e non può essere derogata da una di rango inferiore e secondario come quella emanata con il decreto ministeriale sicché, ove si manifesti un contrasto fra le previsioni della legge e quelle del decreto ministeriale, è quest’ultimo che cede dovendo essere disapplicato dal giudice ordinario”.
Come si legge nell’ordinanza, il disposto di cui all’art. 142, comma 6-bis, C.d.S., rimette al decreto ministeriale la “mera” individuazione delle modalità di impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi al fine di presegnalare la postazione di controllo, senza alcuna possibilità di derogare alla generale previsione dell’obbligo di preventiva segnalazione, né da parte del regolamento di esecuzione né, a maggior ragione, da parte del decreto ministeriale stesso.

Ed è in tale prospettiva che va apprezzato, secondo la Cassazione, il tenore degli artt. 1 e 2 del menzionato D.M. 15 agosto 2007, previsioni che distinguono le modalità di impiego e di segnalazione della strumentazione che costituisce la postazione di controllo in termini differenti, che possono consistere in segnali stradali di indicazione, temporanei o permanenti, ovvero in segnali stradali luminosi a messaggio variabile, ovvero in dispositivi di segnalazione luminosi installati sui veicoli.
Niente deroga da norme secondarie

Appare evidente, dunque, che “le molteplici possibilità di impiego e segnalazione sono correlate alle caratteristiche della postazione, fissa o mobile, sicché non può dedursi alcuna interferenza negativa che possa giustificare, avuto riguardo alle caratteristiche tecniche della strumentazione impiegata nella postazione di controllo mobile, l’esonero dall’obbligo della preventiva segnalazione”:

L’art. 1 del D.M. del 2007 consente, infatti, di adattare le modalità di impiego e di segnalazione al tipo di postazione, contemplando tra l’altro, in attuazione del generale obbligo di preventiva e ben visibile segnalazione, la possibilità di installare sulle autovetture dotate del dispositivo Scout Speed messaggi luminosi contenenti l’iscrizione “controllo velocità” o “rilevamento della velocità”, visibili sia frontalmente che da tergo, così assicurando il rispetto delle previsioni di legge e la legittimità del rilevamento anche per le postazioni di controllo mobili operanti sulla rete stradale.

In conclusione, spiega la Cassazione, quanto previsto dall’art. 3 del D.M. del 15 agosto 2007 non può costituire, come affermato dal Comune ricorrente, una legittima deroga al disposto dell’art. 142, comma 6-bis del Codice della Strada.

Fonte Studio Cataldi

16 Ott

Omologazione e approvazione autovelox? Non sono la stessa cosa

di Lucia Izzo

Il Giudice di Pace di Belluno contesta i continui tentativi volti a equiparare omologazione e approvazione, trattandosi di procedure differenti e spettanti a diverse autorità

Omologazione e approvazione sono procedure diverse, che spettano ad autorità diverse. E questo ha valore nonostante oggi si “tenti” in ogni modo di ritenerle sostanzialmente equivalenti. Lo afferma il Giudice di Pace di Belluno, nella sentenza n. 220/2021 (qui sotto allegata), che in qualche modo “richiama all’ordine” le amministrazioni che perseguono nell’utilizzare dispositivi meramente approvati.

La pronuncia origina dal ricorso promosso contro il Comune e riguardante proprio un verbale della Polizia Locale relativo a violazione dei limiti di velocità ai sensi dell’art. 142, comma 7, del Codice della Strada. Trattasi di eccesso di velocità (superamento di non oltre 10 km/h il limite consentito) è stata rilevato con apparecchio elettronico utilizzato in postazione fissa.

Tra le doglianze del ricorrente colgono nel segno quelle riguardanti la mancata omologazione dell’apparecchiatura. Il Giudice onorario, prima di addentrarsi nelle motivazioni che conducono ad accogliere il ricorso, dimostra il suo disappunto per quanto riguarda le sempre più numerosi sanzioni elevate a seguito dell’uso di dispositivi che risultano non omologati, bensì “semplicemente approvati dal M.I.T.”, come quello di cui al caso in esame. Procedure che, a detta del magistrato bellunese, non risultano affatto equiparabili.

Come si legge in sentenza, “di là dei tentativi oggi utilizzati al fine di equiparare omologazione ed approvazione (in considerazione del fatto che le aziende costruttrici degli apparecchi di misurazione della velocità hanno scelto di percorrere la strada dell’approvazione, ritenendola evidentemente sufficiente), si deve ritenere che il primo presuppone specifiche norme tecniche di riferimento, tanto nazionali quanto europee le quali, invece, mancano per il secondo. Dunque, le due procedure sono differenti e spettano ad autorità diverse”.
Omologazione e approvazione sono procedure diverse

La pronuncia in esame va dunque ad alimentare quel filone giurisprudenziale che non dimostra condividere le conclusioni espresse nel parere pubblicato l’11 novembre del 2020, sul sito del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, a firma del Direttore Generale, che invece considera sostanzialmente “equivalenti” le procedure di omologazione e di approvazione di tutti i dispositivi di regolazione e controllo della circolazione stradale (autovelox, telecamere ZTL, photored, ecc.) con la conseguenza di ritenere sufficiente la sola procedura di approvazione per conferire validità all’efficacia degli stessi.

Come si legge nella sentenza del Giudice di Pace di Belluno, le motivazioni per cui tale conclusione non può essere accolta sono molteplici, a partire dal dictum dell’art. 142, comma 6 del Codice della Strada secondo cui “per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate”.

La norma, oltre a parlare di omologazione espressamente, rimanda poi al regolamento di esecuzione e attuazione e, in tale contesto, la distinzione tra le due procedure (approvazione e omologazione) si rintraccia facilmente nell’art. 192 reg. att. C.d.S.: anche se tale disposizione non specifica chiaramente le ipotesi in cui sia richiesta l’una o l’altra, secondo il giudicante “certo è che non possono essere considerati la stessa cosa, posto che, altrimenti, altrimenti non vi sarebbe stata la ragione di due differenti menzioni”.

“Spetterebbe al legislatore chiarire il punto, sotto il profilo tecnico, con riferimento alle diverse tipologie di apparecchi” afferma ulteriormente la sentenza. Ritenendo che anche gli ulteriori commi del medesimo articolo facciano propendere per una sostanziale demarcazione tra approvazione e omologazione, si ritiene che quest’ultima abbia un’importanza maggiore, non trattandosi solo di un atto amministrativo, bensì di procedura avente natura squisitamente tecnica e finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento da utilizzare.
Auspicabile l’intervento del legislatore

In ogni caso, si legge in motivazione “non può essere posto in dubbio che, al fine della verifica dell’osservanza dei limiti di velocità ex art. 142, comma 6, C.d.S., debbano considerarsi fonti di prova esclusivamente le risultanze di apparecchi debitamente omologati dal MISE”. Una conferma in tal senso giunge anche dalla giurisprudenza puntualmente richiamata in sentenza, tra cui la sentenza n. 15042/2011 della Corte di Cassazione e, soprattutto, la sentenza n. 113/2015 della Corte Costituzionale.

Il Giudice onorario non manca di rilevare che la questione in oggetto è destinata a rimanere controversa “fino a quanto, da parte del legislatore, non si deciderà di fare definitiva chiarezza” anche in virtù del fatto che la normativa in materia appare “farraginosa” e come tale si presta a “interpretazioni differenti”.

Non ritenendo il giudicante che approvazione e omologazione possano essere intese come la stessa cosa, viene ritenuta prevalente l’esigenza di garantire che i prototipi degli stessi, prima di essere commercializzati e posti concretamente in uso, siano stati sottoposti a precise verifiche tecniche ed esami di laboratorio che ne attestino precisione e affidabilità. Verifiche ed esami che sono il presupposto della procedura di omologazione da parte del MISE e alla quale, se previsto, potrà seguire l’approvazione da parte del MIT.

Il verbale impugnato viene dunque annullato in quanto facente esclusivamente riferimento all’approvazione del MIT e dunque non può essere convalidato. Spese di lite integralmente compensate tra le parti in ragione della materia soggetta a interpretazioni contrastanti.

Fonte Studio Cataldi