Categoria: Varie

3 Gen

Aria. Inquinamento atmosferico e COVID-19

di Aldo DI GIULIO

La scienza medica si interroga se fra l’inquinamento atmosferico e la pandemia dal Coronavirus, SARS-CoV-2, ci sia un nesso scientifico documentabile. L’esposizione agli inquinanti atmosferici antropogenici può sviluppare reazioni infiammatori polmonari influendo negativamente sullo stato di salute dell’uomo. Ambedue i contaminanti considerati, chimico (PM10, PM2,5) e biologico (coronavirus), hanno la via dell’aria ambiente come mezzo di trasmissione e il bersaglio comune dei polmoni.

Una traccia comparativa è l’effetto del particolato PM2,5 e del SARS-CoV-2, su l’organismo umano che, in modo distinto, può determinare disfunzione endoteliale vascolare, stress ossidativo, trombosi, aggressione al sistema immunitario. Il virus patogeno che determina la malattia, Covid-19, presenta complicanze respiratorie, infarto miocardico, aumento dei biomarcatori che si rilevano anche con elevati livelli di inquinamento atmosferico (1,2). L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, IARC, ha classificato il particolato PM10 e PM2,5, come cancerogeno di classe 1.

Gli inquinanti tossici e nocivi emessi dalle auto, industrie, riscaldamento domestico, biomasse, possono costituire un catalizzatore, un acceleratore che aumenti la capacità infiammatoria del virus?

Un altro indizio fra i contaminanti per il confronto nel mondo, può essere il numero dei decessi registrati sul versante dell’inquinamento atmosferico, oltre 7mln e quelli attribuiti al SARS-CoV-2 >5 mln (OMS, Ministero della Salute).

L’inquinamento da particolato ambientale PM2,5 è stato il principale fattore di rischio di livello 4 per DALY (Disability Adjusted Life years) tra i rischi ambientali con 4,14 milioni (3,45-4,80) di decessi nel 2019. L’inquinamento da ozono ambientale ha rappresentato l’11,1% dei decessi per BPCO a livello globale, per un totale di 365000 decessi (175000-564000). I più alti tassi di mortalità standardizzati per età attribuibili all’ozono si sono verificati nell’Asia meridionale (Lancet3).

Le fonti di inquinamento atmosferico chimico, provengono dalla combustione dei prodotti fossili, (petrolio, carbone, gas naturale), dalle sorgenti naturali (sabbie sahariane, vulcani, pollini); biomasse e incendi. La cattiva qualità dell’aria outdoor e indoor, data dal coronavirus con i provvedimenti conseguenti, lockdown, smart working, mascherina, guanti, didattica a distanza, accessi limitati ai luoghi chiusi, vaccino e super green pass sono atti di prevenzione contro una forma di “inquinamento atmosferico biologico”.

Aspetto giuridico. Le misure adottate nella pandemia trovano riscontro nel DPR 203/88 ove l’inquinamento atmosferico viene definito “ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell’aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di uno o più sostanze in quantità o con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell’aria, da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell’uomo da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell’ambiente, alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati”. L’assenza di adeguate misure di prevenzione e protezione dalla diffusione del coronavirus, da parte dei responsabili della salute pubblica, potrebbe interessare l’Autorità Giudiziaria a far rispondere sulla scorta degli articoli del C.P. 438 (epidemia colposa) e art.452 (delitti colposi contro la salute pubblica).

Studio della ESC European Society of Cardiology.

Un esame multidisciplinare internazionale sull’ipotesi del ruolo dell’inquinamento atmosferico alla mortalità da Covid-19 è stato svolto dai ricercatori del Centro Internazionale di Fisica, Trieste (Italia), l’Istituto Max Planck di Chimica, Maina (Germania), Dipartimento di Biostatistica di Boston (USA), il Centro per il cambiamento climatico, Londra (Gran Bretagna), l’Università di medicina di Berlino (Germania), il Centro per la ricerca cardiovascolare di Mainz (Germania), l’Istituto di clima e atmosfera, Nicosia (Cipro) (1,2).

Metodologia della ricerca. L’ approccio sul rapporto inquinamento atmosferico/Covid-19 è stato lo studio su 65 lavori pubblicati, con criticità in alcuni Paesi. Cina. Una ricerca svolta nel 2003(4) con 5327 casi segnalati e circa 349 decessi, ha presunto che l’incidenza dell’inquinamento atmosferico potesse aggravare gli esiti sanitari dal SARS-CoV-1, antesignano del SARS-CoV-2. I due coronavirus sono simili in quanto “ i loro genomi sono estremamente correlati e i virus entrano nelle cellule ospiti legandosi allo stesso recettore di ingresso angiotensina-enzima di conversione 2” (1) . L’ indice di inquinamento atmosferico (API) è stato considerato in base alle concentrazioni del particolato, anidride solforosa, biossido di azoto, monossido di carbonio e ozono al livello del suolo. ” Un’ analisi su l’esposizione a breve termine ha dimostrato che i pazienti con SARS provenienti da regioni con API (indice di inquinamento atmosferico) moderate avevano un rischio dell’84% di morire di SARS rispetto a quelli provenienti da regioni con API basse (RR=1,84, 95%CI:1,41-2,40). I pazienti con SARS provenienti da regioni con API elevate avevano il doppio delle probabilità di morire di SARS rispetto a quelle provenienti da regioni con API basse (RR=2,18, 95%CI:1,31-3,65%) (1,4) ”.

Italia. La Protezione Civile Italiana ha calcolato che al 21 marzo 2020, la mortalità in Lombardia ed Emilia Romagna è stata di circa il 12% mentre nel resto di Italia è stata di circa il 4,5%. Il Royal Netherlands Meteorological Institute studiando il monitoraggio dell’ozono dal satellite della Nasa ha affermato che il Nord Italia rappresenta una delle aree più inquinate di Europa anche a causa della morfologia e orografia del territorio. L’indice di inquinamento utilizzato (AQI) considera gli inquinanti del PM10, PM2,5, SO2, O3 ed NO2 . La popolazione con una età media avanzata e affetta da altre comorbidità che vive in una area fortemente inquinata, “ potrebbe avere le difese delle ciglia e delle vie aeree superiori indebolite sia dall’età che dall’esposizione cronica all’inquinamento atmosferico e l’esposizione al virus SARS-CoV-2 aggravare lo stato di salute. Un sistema immunitario debole, innescato dalla esposizione cronica all’inquinamento atmosferico, può portare a un distress respiratorio acuto (ARDS) e alla morte, in caso di gravi comorbidità respiratorie e cardiovascolari . L’alto tasso di inquinamento atmosferico dovrebbe essere considerato come un ulteriore cofattore dell’elevato livello di letalità nelle regioni del Nord Italia (1,5)”.

Inghilterra e Paesi Bassi. Ricerche svolte hanno confermato i riscontri fra la cattiva qualità dell’aria ambiente e il Covid-19(1).

Modello di studio. L’equipe della European Society of Cardiology Cardiovascolar ha stimato l’incidenza dell’inquinamento atmosferico sul tasso di mortalità da Covid-19 utilizzando i dati epidemiologici negli USA e in Cina, i valori del particolato PM2,5 per l’esposizione a medio e lungo termine, con l’impiego di modelli misti binomiali. Il modello adottato di circolazione generale della chimica atmosferica globale (EMAC) ricrea i processi chimici atmosferici, meteorologici e le interazioni con gli oceani e la biosfera, nella stessa rappresentazione degli studi sui cambiamenti climatici e la salute pubblica. L’esposizione al particolato, è stata determinata con i valori annuali di PM2,5 del 2019, acquisiti dai dati satellitari, in prossimità della superfice terrestre, calcolando la frazione antropica, integrati nel modello di chimica atmosferica. La stima dell’inquinante ha ponderato la popolazione tra aree urbane e rurali (1).

Fonte: Cardiovascolar Research Volume 116, N.114, 1dicembre 2020, Pagg.2247-2253. Contributi regionali e globali dell’inquinamento atmosferico al rischio di morte per COVID-19. A. Pozzer, F. Dominici, A. Haines, C. Watt, T. Munzel e J. Lelieveld, 2020.

L’indagine della ESC, osservata fino al marzo del 2020, ha individuato mediamente l’incidenza percentuale dell’inquinamento atmosferico sui decessi dalla pandemia del Covid-19 nel mondo del 15%, Asia Orientale 27%, Nord America 17%, Asia del Sud 15%, Europa 19%, Sud America 9%, Asia Occidentale 8%, Africa 7%, Oceania 3%; in Italia del 15% (1-2).

Percentuali regionali di mortalità per COVID-19 attribuite a fonti di aria legate ai combustibili fossili e a tutte le fonti antropogeniche di inquinamento

Regione

Popolazione (milioni)

Frazioni di mortalità per COVID-19 attribuita all’inquinamento atmosferico (%)

Emissioni legate ai combustibili fossili

Tutte le emissioni antropogeniche

Europa

628

13 (6-33)

19 (8-41)

Africa

1345

2 (1-19)

7 (3-25)

Asia occidentale

627

6 (3-25)

8 (4-27)

Asia del sud

2565

7 (3-22)

15 (8-31)

Asia orientale

1685

15 (8-32)

27 (13-46)

Nord America

525

14 (6-36)

17 (6-39)

Sud America

547

3 (1-23)

9 (4-30)

Oceania

28

1 (0-20)

3 (1-23)

Mondo

7950

8 (4-25)

15 (7-33)

I livelli di confidenza del 95% sono indicati tra parentesi

I dati dei decessi per il Covid-19 in USA sono stati raccolti dalla Jonhns Hopkinsin University fino al 22 aprile del 2020, in 3087 contee su 3142, il 98% della popolazione, di cui il 42% ha riportato decessi per Covid-19. L’indagine ha considerato 20 potenziali fattori di confusione: la dimensione della popolazione, la distribuzione per età, densità di popolazione, periodo di tempo dall’inizio della pandemia, tempo trascorso ai confinamenti domiciliari, letti ospedalieri, numero di individui testati, condizioni meteorologiche, fattori socioeconomici e di rischio come obesità e fumo.

Lo studio mostra una confrontabilità fra le cause di morte dei pazienti da Covid-19 e quelle che determinano la mortalità da PM2,5. Il rischio di mortalità dal virus è aumentato fino all’8% con l’incremento del contaminante. Una osservazione di 5700 pazienti ricoverati per Covid-19 nel distretto di New York ha rilevato che le comorbilità erano di ipertensione (57%), obesità (42%), e diabete (34%), indici di rischio cardiovascolare, osservati anche in relazione a elevati valori di particolato PM2,5 (1,6).

L’effetto dello smog su gli esiti sanitari della pandemia in Cina nel 2020, è valutato con la correlazione spaziale dell’inquinamento da particolato. Una analisi trasversale è stata eseguita per esaminare il valore giornaliero del PM2,5 e PM10 nello spazio con il tasso di mortalità da Covid-19, attraverso il metodo di regressione lineare multipla. La ricerca ha riguardato 49 città tra cui Wuhan, 15 città all’interno dell’Hubei e 33 città fuori dell’Hubei con non meno 100 casi al 22 marzo 2020, pervenendo alla conclusione che “ il tasso di mortalità da Covid-19 ha una forte associazione con PM2,5 e PM10 sia nella provincia di Hubei che nelle altre città della Cina. Il tasso di mortalità delle città all’interno dell’Hubei era inferiore a quello di Whan”.

L’approfondimento è stato svolto considerando gli studi sulla epidemia della SARS in Cina del 2003, aumentando il tasso di mortalità, considerando che, il Covid-19 è causato da SARS-CoV-2 che condivide il 79,6 di identità di sequenza con SARS-CoV e ha lo stesso recettore di ingresso cellulare, l’enzima di conversione dell’angiotensina II come il SARS-CoV (1,7).

L’influenza dell’inquinamento sulla pandemia dal Covid-19 indica che 7 sui primi dieci Paesi nel mondo sono in Europa (2).

Rischio dall’inquinamento atmosferico. La stima del rischio dell’inquinamento atmosferico al Covid-19 è stata svolta applicando la funzione esposizione-risposta dell’OMS considerando l’esposizione media annua del sito osservato e la concentrazione del PM2,5 al di sotto della quale l’esposizione non ha significato epidemiologico. La frazione della mortalità attribuibile allo smog ha considerato i valori del PM2,5 rispetto alla distribuzione della popolazione sul territorio, città, periferia, aree suburbane. I dati sulla popolazione sono stati forniti dalla NASA e dalla Columbia University Center.

Limiti dell’indagine preliminare. Una conclusione congrua sarà svolta al termine della pandemia in quanto i dati epidemiologici si fermano alla terza settimana di giugno 2020 e i livelli di confidenza al 95%, presentati in tabella, sono considerevoli. I dati per la Cina presentano una incertezza significativa, i valori utilizzati per lo studio provengono da paesi ad alto reddito e la rappresentatività per i paesi a basso reddito può essere limitata. In Africa e in Asia occidentale la contaminazione dell’aria ambiente dalle polveri eoliche può agire sulla mortalità e in Paesi a basso reddito l’inquinamento domestico può influire sui decessi anticipati.

Valutazioni. Le precondizioni broncopolmonari e cardiovascolari, tra cui ipertensione, diabete, malattia coronarica, cardiomiopatia, asma, BPCO e malattie acute delle vie inferiori, tutte influenzate negativamente dall’inquinamento atmosferico, portano a un rischio più elevato in Covid-19. Il rischio di decesso aumenta con l’età, >70 anni. Le frazioni di mortalità per Covid-19 attribuita all’inquinamento atmosferico dato dai combustibili fossili vede il mondo articolato in tre fasce: Asia orientale (15), Nord America (14), Europa (13); Asia del sud (7), Asia occidentale (6); Sud America (3), Africa (2), Oceania (1); mediamente nel mondo (8).

Lo studio suggerisce che l’inquinamento atmosferico è un importante cofattore che aumenta la mortalità dal Covid-19 (1) .

Bibliografia. 1-ESC European Society of Cardiology Cardiovascolar Research Volume 116, N.114, 1dicembre 2020, Pagg.2247-2253. Contributi regionali e globali dell’inquinamento atmosferico al rischio di morte per COVID-19. A. Pozzer, F. Dominici, A. Haines, C. Watt, T. Munzel e J. Lelieveld, 2020; 2- Cardiovascolar Research “Informazioni supplementari” Volume 116, N.114, 1dicembre 2020, Pagg,2247-2253. Stima delle percentuali di mortalità da COVID-19 attribuite all’inquinamento atmosferico da tutte le fonti antropogeniche; 3- The Lancet.com Vol. 396 17 ottobre 2020; 4- Inquinamento atmosferico e morte del caso di SARS nella Repubblica Popolare Cinese: uno studio ecologico. -Salute ambientale. Cui Y, Zhang Z-F, Froines G, Zhao J, Whang H, Yu S-Z, Detels R; 5-L’inquinamento atmosferico può essere considerato un co-fattore nell’altissimo livello di letalità SARS-CoV-2 nel Nord Italia? E. Conticini, B. Frediani, D. Cario, Inquinamento ambientale. Volume 261, giugno 2020, 114465; 6-Esposizione all’inquinamento atmosferico e alla mortalità da COVID-19 negli Stati Uniti: una analisi nazionale, studio trasversale. Xiao Wu, Rachel C Nethery, M Benjamin Sabath, Danielle Braun, Francesca Dominici; 7-Correlazione spaziale dell’inquinamento atmosferico da particolato e del tasso di mortalità di COVID-19, Yao Y, Pan J; Wang W, Liu X, Kan H, Meng X, Wang W, Università Fuban, Shangai, Cina, 2020.

Aldo Di Giulio

Fonte Studio Cataldi

3 Gen

Abbandono di minori lasciare i figli addormentati in auto

di A. Villafrate

La Cassazione ricorda che integra il reato di abbandono di minori lasciare i figli addormentati in auto e andare a ballare perché in questo modo si viola l’onere della cura

Corrette per la Cassazione le conclusioni a cui è giunta la Corte di Appello nel condannare una mamma che, come emerso chiaramente dalle prove raccolte, in diverse occasioni ha lasciato i figli minori in auto addormentati per andare a ballare. Nel momento in cui infatti si accetta di esporre al pericolo, anche solo potenziale, dei minori e si persiste nella condotta il reato di abbandono è integrato. Queste le conclusioni della Cassazione esposte nella sentenza n. 44657/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

La Corte di Appello condanna una madre per il reato di abbandono in concorso formale, perché in diverse occasioni ha lasciato i figli minori nella sua autovettura, soli e addormentati, per recarsi in locali di pubblico divertimento.
C’è abbandono se la mamma sorveglia i figli lasciati in auto?

Nel ricorrere in Cassazione la donna si affida a 5 motivi di ricorso per far valere le proprie ragioni.
Con il primo motivo contesta l’addebito per il reato di abbandono in relazione a un episodio in particolare perché l’auto quella sera era rimasta parcheggiata davanti alla casa della madre.

Con il secondo contesta l’attendibilità di due testimoni perché vicini al marito, che ha sporto denuncia nei suoi confronti. Ritiene inoltre che sia stato dato troppo credito alle riprese delle telecamere e che la Corte abbia errato nel ritenere che la stessa non vigilasse i minori lasciati in auto.
Per la donna inoltre l’elemento oggettivo del reato e il pericolo che avrebbero corso i minori e che è stato solo ipotizzato non sussiste, visto che la stessa ha sempre sorvegliato l’auto in cui si i bambini dormivano.
Contesta poi la decisione con la quale la stessa è stata condannata anche in sede civile.
Abbandono di minori lasciare i figli incustoditi in auto di notte

La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per i motivi che si vanno a illustrare.
Il primo motivo con cui si contesta la correlazione tra accusa e sentenza è manifestamente infondato perché non c’è violazione di detto principio solo per contrasto tra data effettiva e data diversa del reato contestato, se dagli atti emerge il tempo di consumazione del reato.

Inammissibile invece il secondo motivo perché le ricostruzioni alternative dei testi della difesa non sono state ritenute attendibili dalla Corte di merito, anche perché trattasi di amici dell’imputata che hanno trascorso con la stessa le serate nei locali.

Manifestamente infondato il terzo motivo perché “l’elemento oggettivo del reato di abbandono di persone minori o incapaci, di cui all’art 591 cod. pen è integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia), gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l’incolumità del soggetto passivo.” Non è quindi illogico che la Corte, una volta dimostrata la condotta dell’imputata, abbia ritenuto sussistente una situazione di pericolo, quantomeno potenziale, per i minori in virtù delle tante ore trascorse di notte nell’abitacolo senza sorveglianza.

Per quanto riguarda poi l’elemento soggettivo la Corte ricorda che per integrare il reato di abbandono è sufficiente il dolo generico o eventuale, che sussiste quando si accerta che l’agente persiste nella sua condotta accettandone i rischi, pur essendosi rappresentato, in conseguenza del suo comportamento inerte, la possibilità concreta di un abbandono del soggetto passivo in grado di metterlo in pericolo.

Manifestamente infondati infine anche il quinto e il sesto motivo sulle statuizioni civili. Ricorso inammissibile quindi e condanna dell’imputata a pagare 3000 euro alla cassa delle ammende e a rifondere le spese della parte civile sostenute nel grado di giudizio, come da dispositivo.

3 Gen

Stop al telemarketing selvaggio anche sui telefonini

di A. Villafrate

Dopo il decreto capienze arriva lo schema del Dpr che estende il “registro delle opposizioni” anche ai numeri di cellulare e contro gli ‘squilli’ molesti
cartello di stop a telefonate indesiderate

Tempestano gli utenti ogni giorno. Sono tante le lamentele di chi riceve chiamate dai call center. Ma se dal telemarketing selvaggio sui telefoni fissi ci si può difendere con l’iscrizione al registro delle opposizioni, ora finalmente c’è una speranza anche per evitare chiamate indesiderate sui cellulari.

Il decreto legge n. 139/2021, coordinato con la legge di conversione n. 205/2021 (sotto allegato), interviene infatti anche in materia di dati personali, andando a modificare il decreto legislativo n. 196/2003 ossia il Codice in materia di protezione dei dati personali e la legge n. 5/2018 contenente “Nuove disposizioni in materia di iscrizione e funzionamento del registro delle opposizioni e istituzione di prefissi nazionali per le chiamate telefoniche a scopo statistico, promozionale e di ricerche di mercato.”

Le “difese” già esistenti, grazie al decreto capienze, si allargano anche agli squilli indesiderati provenienti da sistemi automatizzati, irrobustendo così le tutele create dal registro e sbloccando l’iter del decreto attuativo, con il quale si vuole allargare il perimetro di azione del registro delle opposizioni anche ai cellulari, il cui schema, approvato il 28 dicembre 2021 (sotto allegato), va a sostituire il DPR n. 178/2010.

Ora però vediamo come cambia la legge 5/2018 in virtù delle modifiche introdotte del decreto capienze.
Trattamento dei dati automatizzati senza operatore

L’art. 9 del dl n. 139/2021 va a modificare in particolare alcuni commi l’art. 1 e il primo comma dell’art. 2 della legge 5/2018. In virtù di detta modifica il comma 1 prevede in sostanza che possono iscriversi al registro delle opposizioni tutti coloro che vogliano opporsi al trattamento delle proprie numerazioni telefoniche relative a tutte le utenze fisse e mobili, ovvero “tutti gli interessati che vogliano opporsi al trattamento delle proprie numerazioni telefoniche effettuato mediante operatore con l’impiego del telefono nonché, ai fini della revoca di cui al comma 5, mediante sistemi automatizzati di chiamata o chiamate senza l’intervento di un operatore per fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta, ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.”

Il comma 5, in virtù delle modifiche, così dispone: “Con l’iscrizione al registro (…) si intendono revocati tutti i consensi precedentemente espressi, con qualsiasi forma o mezzo e a qualsiasi soggetto, che autorizzano il trattamento delle proprie numerazioni telefoniche fisse o mobili effettuato per fini di pubblicità o di vendita ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale ed è altresì precluso, per le medesime finalità, l’uso delle numerazioni telefoniche cedute a terzi dal titolare del trattamento sulla base dei consensi precedentemente rilasciati. Sono fatti salvi i consensi prestati nell’ambito di specifici rapporti contrattuali in essere, ovvero cessati da non più di trenta giorni, aventi ad oggetto la fornitura di beni o servizi, per i quali è comunque assicurata, con procedure semplificate, la facoltà di revoca.”

Il comma 12 invece assume il seguente tenore letterale: “Gli operatori che utilizzano i sistemi di pubblicità telefonica e di vendita telefonica o che compiono ricerche di mercato con o senza l’intervento di un operatore umano o comunicazioni commerciali telefoniche hanno l’obbligo di consultare mensilmente, e comunque precedentemente all’inizio di ogni campagna promozionale, il registro pubblico delle opposizioni e di provvedere all’aggiornamento delle proprie liste.”

L’art. 2 infine cambia così il primo periodo del comma 1: “Tutti gli operatori che svolgono attività di call center per chiamate con o senza operatore rivolte a numerazioni nazionali fisse o mobili devono garantire la piena attuazione dell’obbligo di presentazione dell’identificazione della linea chiamante e il rispetto di quanto previsto dall’articolo 7, comma 4, lettera b), del codice di cui al decreto legislativo n.196 del 2003.”

Cos’è il registro delle opposizioni

Ricordiamo brevemente che il registro pubblico delle opposizioni è un servizio gratuito mediante il quale l’utente si può opporre all’utilizzo (per il telemarketing) del suo numero di telefono e indirizzo presenti negli elenchi pubblici per scopi pubblicitari. Il registro che per lungo tempo riguardava solo i numeri fissi e la posta cartacea, in base al nuovo schema di decreto del 28 dicembre 2021 riguarderà anche le numerazioni nazionali mobili.

Come funziona il registro

Prima di chiamare gli utenti, chi vuole fare telemarketing deve consultare il registro delle opposizioni (per dettagli visita il sito ufficiale) sul quale è indicato con chiarezza se il soggetto in questione ha dato, o meno, il suo consenso a ricevere chiamate di pubblicità.

Gli utenti che vogliono iscriversi al registro, aggiornare i dati inseriti e revocare l’iscrizione al RPO possono procedere nei modi seguenti:

a mezzo web (compilazione di un modulo elettronico);
telefonicamente, dalla linea telefonica con numerazione corrispondente a quella per la quale si chiede l'iscrizione nel registro;
mediante posta elettronica.

Fonte Studio Cataldi

19 Dic

La gelosia è un futile motivo che aggrava il reato

di A. Villafrate

Per la Cassazione, la gelosia per la fidanzata aggrava il reato di lesioni inferte al presunto contendente in amore con una mazza da baseball

La gelosia rende più grave il reato di lesioni
Il tradimento non è uno stimolo lieve rispetto al reato di lesioni
Sproporzionato mandare in ospedale il presunto contendente in amore
La gelosia rende più grave il reato di lesioni

Futile motivo che aggrava il reato di lesioni, la gelosia dell’imputato per la fidanzata, soprattutto se dopo aver appreso la notizia, si prende una mazza da baseball e si colpisce il contendente al punto che è necessario un intervento chirurgico e il gesso. Queste le conclusioni della Cassazione, che nel seguire un indirizzo già consolidato, nella sentenza n. 37870/2021 (sotto allegata) giudica la reazione dell’imputato del tutto sproporzionata rispetto alla gelosia morbosa dimostrata nei confronti della fidanzata.

La vicenda processuale
Il giudice dell’impugnazione riforma la sentenza di primo grado con cui l’imputato è stato condannato per il reato di lesioni aggravate da futili motivi, rideterminando quindi la pena

Il tradimento non è uno stimolo lieve rispetto al reato di lesioni

L’imputato però ricorre in Cassazione sollevando, a mezzo difensore, le seguenti doglianze.

Con il primo motivo contesta l’aggravante dei futili motivi per difetto di motivazione in quanto è stato accertato in giudizio che l’aver appreso la notizia del presunto tradimento della fidanzata non è uno “stimolo, lieve, banale e sproporzionato rispetto alla gravità del reato”, requisito della sproporzione che non è attinente a detta aggravante.
Con il secondo invece ritiene che la Corte non abbia motivato adeguatamente le ragioni per le quali ha escluso le attenuanti generiche e i motivi per i quali non ha ritenuto l’attenuante del risarcimento del danno prevalente rispetto all’aggravante dei futili motivi.
Il Procuratore chiede il rigetto del ricorso, il difensore dell’imputato invece insiste per l’accoglimento del primo motivo del ricorso e chiede la prescrizione del reato commesso il 2 ottobre 2013, in quanto a causa della sola sospensione di 60 giorni nel corso del giudizio, il reato si è prescritto il 2 giugno 2021.

Sproporzionato mandare in ospedale il presunto contendente in amore

Per la Cassazione il ricorso dell’imputato è inammissibile in quanto la questione relativa ai futili motivi che si riferiscono alla gelosia che lo ha indotto a commettere il reato è stata oggetto di ampio confronto e discussione in giudizio.

Sul punto la Cassazione comunque ribadisce che “anche la gelosia può integrare l’aggravante prevista dall’art. 61 comma primo, n. 1, cod.pen, che giustifica un giudizio di maggiore riprovevolezza dell’azione e di più accentuata pericolosità dell’agente, per la futilità della spinta motivazionale che ha determinato a commettere il reato, in relazione ad un delitto di lesioni (…); in proposito si è osservato che la condotta risultava del tutto sproporzionata rispetto alla spinta criminosa, individuata dalla mancata accettazione della fine di una relazione sentimentale e nell’istinto di conservare un controllo sul partner.”

Tesi che la Corte dichiara espressamente di voler seguire anche perché in sede di merito è stata valorizzata proprio la gelosia morbosa dell’imputato nei confronti della fidanzata e della violenza esercitata sulla persona offesa.

Inammissibile anche il secondo motivo in quanto la mancata concessione delle attenuanti generiche è stata motivata dalla gravità della condotta per le gravi lesioni recate alla persona offesa (che ha avuto bisogno, dopo essere stato colpito con una mazza da baseball, di un intervento chirurgico e del gesso), così come la doglianza relativa alla prevalenza dell’attenuante del risarcimento del danno sull’aggravante dei futili motivi perché trattasi di una valutazione di merito che non può essere rimessa in discussione in sede di legittimità, a meno che la motivazione sia del tutto assente, risulti illogica o sia meramente arbitraria.

Tutti vizi che non sussistono nel caso di specie. La decisione poggia sui motivi futili che hanno spinto l’imputato a commettere il reato e al fatto che lo stesso si sia avvalso a tal fine di un’arma impropria.

Fonte Studio Cataldi

19 Dic

Paga i danni l’avvocato che non avverte i clienti dello scarso successo della lite

di A. Villafrate

Per la Cassazione, l’avvocato deve informare i propri clienti del probabile esito negativo della causa, se non lo fa deve risarcire i danni

Deve risarcire i clienti l’avvocato che, dopo l’archiviazione del procedimento avviato nei confronti della società a cui gli stessi volevano richiedere i danni, non ha sconsigliato l’azione civile. Non basta infatti produrre le procure per dimostrare di aver assolto all’obbligo d’informativa che grava sul professionista, costui deve dare ai propri clienti un’informazione completa anche sull’esito sfavorevole dell’azione che vogliono intraprendere affinché la decisione sia presa nella totale consapevolezza. Queste le importanti precisazioni contenute nell’ordinanza della Cassazione n. 34993/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale
Il giudice dell’impugnazione condanna un avvocato a risarcire ai propri clienti per i danni derivanti da responsabilità contrattuale. Domanda di risarcimento che gli stessi avevano avanzato nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal legale per ottenere il pagamento dei propri compensi professionali.

I clienti hanno richiesto i danni subiti relativi alla soccombenza degli stessi in un giudizio intrapreso nei confronti di una S.R.L dopo il decesso di un congiunto per intossicazione da ossido di carbonio sprigionato da una stufa prodotta dalla società.

La richiesta di risarcimento si fonda sulla mancata informazione da parte dell’avvocato degli esiti delle indagini e della consulenza tecnica, che hanno escluso una qualsiasi responsabilità della società produttrice della stufa e hanno attribuito la responsabilità dell’evento. Dette conclusioni, per la Corte d’Appello dovevano indurre l’avvocato a non far intraprendere ai propri clienti l’azione verso la società, visto lo scarso successo dell’accoglimento della domanda.

L’azione risarcitoria è stata avviata su insistenza dei clienti

L’avvocato soccombente ricorre in Cassazione mettendo in evidenza che dalla sentenza della Corte di Appella la conclusione del perito sulla non responsabilità della società produttrice della stufa in realtà era dubbia. Fa presente inoltre di avere informato i suoi clienti dell’archiviazione della procedura penale del 2001 e che il giudizio risarcitorio è stato intrapreso a distanza di due anni su insistenza dei clienti.

Non bastano le procure a dimostrare che i clienti sono stati informati

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso perché il motivo non è tassativo né specifico ed è finalizzato a ottenere una diversa valutazione degli elementi di prova già valutati in sede di merito.

Per gli Ermellini la decisione della Corte è perfettamente in linea con quanto sancito dalla giurisprudenza della Cassazione, la quale ritiene che, nello svolgere il proprio incarico professionale l’avvocato deve osservare quanto sancito dagli articoli 1176 c.c e 2236 c.c. che impongono “all’avvocato di assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest’ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi, di richiedergli elementi necessari o utili in suo possesso, di sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole.”

Non è sufficiente, come nel caso di specie, produrre le procure conferite per l’incarico a provare il dovere di compiuta informazione, occorrono prove specifiche al riguardo, al fine di dimostrare che il cliente, nel decidere d’intraprendere un’azione, lo abbia fatto nella piena consapevolezza del possibile esito, anche negativo, della causa.

Fonte Studio Cataldi

15 Dic

Privacy: Senza il cartello e l’informativa dettagliata scatta la sanzione per le telecamere di videosorveglianza

Meglio essere trasparenti in hotel e posizionare ben in vista le necessarie informative in caso di attivazione di un impianto di videosorveglianza. Ma oltre al cartello è anche necessario mettere a disposizione dell’ospite una nota dettagliata denominata informativa di secondo livello per non incorrere in sanzioni.

di Stefano Manzelli

Lo ha evidenziato il Garante per la protezione dei dati personali con l’ordinanza ingiunzione n. 386 del 28 ottobre 2021.

Una struttura turistica ha posizionato un impianto di videosorveglianza senza applicare i tradizionali cartelli di avvertimento. La Polizia di Stato ha effettuato un controllo segnalando l’irregolarità al Garante che all’esito dell’istruttoria ha sanzionato l’impresa per violazione del regolamento europeo sulla tutela dei dati personali. Il posizionamento di telecamere, specifica l’Autorità, comporta un possibile trattamento di dati personali che dovrà essere effettuato nel rispetto di tutti i principi generali contenuti nel GDPR ed in particolare del principio di trasparenza il quale «presuppone che gli interessati devono essere sempre informati che stanno per accedere in una zona videosorvegliata».

A questo scopo il titolare del trattamento deve apporre idonei cartelli informativi secondo le indicazioni contenute sia nel provvedimento generale adottato dal Garante l’8 aprile 2010, sia nel rispetto delle linee guida n. 3/2019 adottate dal Comitato europeo per la protezione dei dati personali. In questo provvedimento viene infatti specificato che le informazioni più importanti devono essere sintetizzate dal titolare del trattamento nel segnale di primo livello mentre tutti i dettagli possono essere elencati in una informativa di secondo livello. In buona sostanza occorre posizionare un’icona chiaramente identificabile ad altezza degli occhi in prossimità di ogni zona sorvegliata «per consentire all’interessato di stimare quale zona sia coperta da una telecamera in modo da evitare la sorveglianza o adeguare il proprio comportamento, ove necessario». Inoltre, il titolare del trattamento deve redigere una informativa dettagliata di secondo livello da mettere a disposizione dell’interessato che voglia approfondire le modalità in cui si realizza il trattamento dei dati personali e quali garanzie saranno preposte a tutela dei suoi interessi.

Fonte Diritto e Giustizia

15 Dic

Violenza: Contrasto alla violenza sulle donne e in ambito domestico, approvato il disegno di legge

Il Consiglio dei Ministri, nella giornata del 3 dicembre, ha approvato un disegno di legge al fine dell’introduzione di disposizioni per la prevenzione e il contrasto della violenza nei confronti delle donne e della violenza domestica.

Il testo contiene misure volte ad arricchire l’impianto delle misure di prevenzione contro tali forme di violenza intervenendo con modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e ad alcune leggi speciali.

Ammonimento. Il provvedimento estende l’applicabilità dell’ammonimento del Questore per violenza domestica ad ulteriori condotte e stabilisce che le pene dei reati suscettibili di ammonimento sono aumentate quando il fatto è commesso «da soggetto già ammonito e si procede d’ufficio per taluni reati qualora commessi da soggetto già ammonito».

Misure di rafforzamento di obblighi informativi. Si estendono i reati per i quali scatta l’obbligo di informare la vittima sui centri antiviolenza presenti sul territorio e di metterla in contatto con questi centri qualora ne faccia richiesta.

Braccialetto elettronico. È prevista la revoca della misura cautelare e la sostituzione con la custodia cautelare in carcere in caso di manomissione dei mezzi elettronici, come il braccialetto.

Misure di prevenzione personale. Il testo interviene anche sul codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione estendendo l’applicabilità, da parte dell’Autorità giudiziaria, delle misure di prevenzione personali ai soggetti indiziati di alcuni gravi reati commessi nell’ambito dei fenomeni della violenza di genere e della violenza domestica.

Fermo. Viene introdotta un’altra ipotesi di fermo disposto dal PM, con decreto motivato, nei confronti della persona gravemente indiziata di maltrattamenti contro i familiari, lesioni personali e stalking.

Comunicazione immediata in caso di scarcerazione. Il testo prevede che i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva “emessi nei confronti dell’imputato in stato di custodia cautelare o del condannato o dell’internato” devono essere immediatamente comunicati alla persona offesa.

Sospensione condizionale della pena. Si modifica la disciplina della sospensione condizionale della pena, prevedendo in particolare, «che l’ufficio di esecuzione penale esterna e gli enti e le associazioni che organizzano i percorsi speciali di recupero debbano accertare lo svolgimento dei suddetti corsi; nel caso in cui sia accertata anche solo la mancata partecipazione del condannato al percorso di recupero o di uno degli obblighi imposti allo stesso sia data immediata comunicazione dell’inadempimento ai fini della revoca della sospensione condizionale».

Tutela della vittima e provvisionale. Infine, il provvedimento stabilisce che la vittima o, in caso di morte, «gli aventi diritto che, in conseguenza di alcuni gravi reati commessi nell’ambito dei fenomeni della violenza di genere e della violenza domestica (omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima, deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso commessi dal coniuge anche separato o divorziato o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, vengano a trovarsi in stato di bisogno), possono chiedere una provvisionale da imputarsi nella liquidazione definitiva dell’indennizzo. Infine, l’organo di polizia che procede a seguito di denuncia o querela per fatti riconducibili ad alcuni reati commessi in ambito di violenza domestica, qualora dai primi accertamenti emergano concreti e rilevanti elementi di pericolo di reiterazione della condotta, ne dà comunicazione al prefetto che può adottare misure di vigilanza dinamica, da sottoporre a revisione trimestrale, a tutela della persona offesa».

Fonte Diritto e Giustizia

29 Nov

La gelosia è un futile motivo che aggrava il reato

di A. Villafrate

Per la Cassazione, la gelosia per la fidanzata aggrava il reato di lesioni inferte al presunto contendente in amore con una mazza da baseball

La gelosia rende più grave il reato di lesioni
Il tradimento non è uno stimolo lieve rispetto al reato di lesioni
Sproporzionato mandare in ospedale il presunto contendente in amore
La gelosia rende più grave il reato di lesioni

Futile motivo che aggrava il reato di lesioni, la gelosia dell’imputato per la fidanzata, soprattutto se dopo aver appreso la notizia, si prende una mazza da baseball e si colpisce il contendente al punto che è necessario un intervento chirurgico e il gesso. Queste le conclusioni della Cassazione, che nel seguire un indirizzo già consolidato, nella sentenza n. 37870/2021 (sotto allegata) giudica la reazione dell’imputato del tutto sproporzionata rispetto alla gelosia morbosa dimostrata nei confronti della fidanzata.

La vicenda processuale
Il giudice dell’impugnazione riforma la sentenza di primo grado con cui l’imputato è stato condannato per il reato di lesioni aggravate da futili motivi, rideterminando quindi la pena

Il tradimento non è uno stimolo lieve rispetto al reato di lesioni

L’imputato però ricorre in Cassazione sollevando, a mezzo difensore, le seguenti doglianze.

Con il primo motivo contesta l’aggravante dei futili motivi per difetto di motivazione in quanto è stato accertato in giudizio che l’aver appreso la notizia del presunto tradimento della fidanzata non è uno “stimolo, lieve, banale e sproporzionato rispetto alla gravità del reato”, requisito della sproporzione che non è attinente a detta aggravante.
Con il secondo invece ritiene che la Corte non abbia motivato adeguatamente le ragioni per le quali ha escluso le attenuanti generiche e i motivi per i quali non ha ritenuto l’attenuante del risarcimento del danno prevalente rispetto all’aggravante dei futili motivi.
Il Procuratore chiede il rigetto del ricorso, il difensore dell’imputato invece insiste per l’accoglimento del primo motivo del ricorso e chiede la prescrizione del reato commesso il 2 ottobre 2013, in quanto a causa della sola sospensione di 60 giorni nel corso del giudizio, il reato si è prescritto il 2 giugno 2021.

Sproporzionato mandare in ospedale il presunto contendente in amore

Per la Cassazione il ricorso dell’imputato è inammissibile in quanto la questione relativa ai futili motivi che si riferiscono alla gelosia che lo ha indotto a commettere il reato è stata oggetto di ampio confronto e discussione in giudizio.

Sul punto la Cassazione comunque ribadisce che “anche la gelosia può integrare l’aggravante prevista dall’art. 61 comma primo, n. 1, cod.pen, che giustifica un giudizio di maggiore riprovevolezza dell’azione e di più accentuata pericolosità dell’agente, per la futilità della spinta motivazionale che ha determinato a commettere il reato, in relazione ad un delitto di lesioni (…); in proposito si è osservato che la condotta risultava del tutto sproporzionata rispetto alla spinta criminosa, individuata dalla mancata accettazione della fine di una relazione sentimentale e nell’istinto di conservare un controllo sul partner.”

Tesi che la Corte dichiara espressamente di voler seguire anche perché in sede di merito è stata valorizzata proprio la gelosia morbosa dell’imputato nei confronti della fidanzata e della violenza esercitata sulla persona offesa.

Inammissibile anche il secondo motivo in quanto la mancata concessione delle attenuanti generiche è stata motivata dalla gravità della condotta per le gravi lesioni recate alla persona offesa (che ha avuto bisogno, dopo essere stato colpito con una mazza da baseball, di un intervento chirurgico e del gesso), così come la doglianza relativa alla prevalenza dell’attenuante del risarcimento del danno sull’aggravante dei futili motivi perché trattasi di una valutazione di merito che non può essere rimessa in discussione in sede di legittimità, a meno che la motivazione sia del tutto assente, risulti illogica o sia meramente arbitraria.

Tutti vizi che non sussistono nel caso di specie. La decisione poggia sui motivi futili che hanno spinto l’imputato a commettere il reato e al fatto che lo stesso si sia avvalso a tal fine di un’arma impropria.

Fonte Studio Cataldi

23 Nov

Messaggio di pacco in sospeso? No, è tentato smishing

di Gabriella Lax

L’sms arriva agli ignari utenti da un sedicente servizio “International Parcel Service”. In realtà dietro al messaggio si cela l’ennesima truffa
icona di sms

Sono tanti in queste settimane a rimanere vittime di una nuova truffa. Un messaggio informa l’utente che pacco è stato trattenuto presso il centro di spedizione. Facile cascarci considerando le difficoltà e gli intoppi causati anche allo shopping online dalla pandemia. Le vittime sono soprattutto ignari acquirenti che magari il pacco lo attendono davvero e da settimane. Si chiamano smishing i tentativi di truffa perpetrati via sms, con messaggi di testo. Quando invece il phishing indica tentativi di truffa via e-mail. Più semplice riuscire ad ottenre un numero di telefono anziché una mail. Anche perché l’hacker può semplicemente inviare messaggi a tutte le combinazioni di cifre della stessa lunghezza di un numero di telefono. Da ricerche è risultato che il 98% dei messaggi di testo viene letto e il 45% riceve risposta (nel caso delle email, le risposte arrivano solo nel 6% dei casi). Per questo gli hacker utilizzano i messaggi di testo come vettore di attacco.

Smishing, il contenuto del messaggio truffa

La messaggio recita “Il tuo pacco e stato trattenuto presso il nostro centro di spedizione.

Si prega di seguire le istruzioni qui il link”. Già la mancanza di accento sul verbo essere potrebbe indurre a dubitare dell’autenticità della comunicazione. Il messaggio truffa parla di un pacco in sospeso da IPS, nella forma, assomiglia molto a quello di altri corrieri (in particolare Ubs). Nel messaggio c’è anche una finta nota di tracciamento. Il messaggio, per carpire dati sensibili, invita a visitare un sito nel quale dovrebbero essere confermati alcuni dati per lo sblocco della spedizione. Le informazioni richieste sono accesso bancari, chiaro segnale di trovarsi di fronte ad una trappola vera e propria.
Smishing, come difendersi dalle truffe

La prima cosa se si ha il sospetto di trovarsi di fronte ad un messaggio sospetto è non fare nulla. Questo tentativo di truffa può fare danni solo se si abbocca alla trappola. In sintesi basta non rispondere. Non bisogna mai cliccare un link o un numero di telefono presenti in un messaggio di cui non si è sicuri. Dal punto di vista giuridico, come nel caso del phishing via e-mail, lo smishing è un reato di frode: basato sull’inganno teso alla vittima facendo cliccare un link o fornire informazioni.

Fonte Studio Cataldi

23 Nov

Il no del Garante Privacy alla pubblicazione in chiaro di foto di minori

Dal Garante per la protezione dei dati personali arriva lo stop alla pubblicazione sui quotidiani di foto in chiaro di minori coinvolti in fatti di cronaca.

Di fronte alla prassi ormai consolidata di pubblicare foto in chiaro di minori coinvolti in fatti di cronaca, il Garante Privacy ritiene doveroso richiamare gli organi di stampa e i social media, al rispetto delle regole deontologiche «nell’esercizio dell’attività giornalistica e della Carta di Treviso, che prevedono tutele e garanzie rafforzate per i più piccoli».

L’obiettivo di tali tutele è quello di far astenere i soggetti della stampa dal diffondere dati personali e dettagli eccedenti che rendano il minore identificabile, in particolare foto e immagini, anche se si è difronte a fatti di interesse pubblico.

L’Autorità invita dunque i media a non diffondere tali immagini di minori o a premurarsi di oscurarle in caso di già avvenuta diffusione, riservandosi eventuali interventi di sua competenza nei confronti delle testate che hanno violato le suddette regole deontologiche.

Fonte Diritto e Giustizia