Penale : Art. 629 cp Estorsione del datore di lavoro

30 Ago

Penale : Art. 629 cp Estorsione del datore di lavoro

L’imputata è stata riconosciuta colpevole del delitto di estorsione facendosi corretta applicazione del principio di diritto affermato dalla Corte di legittimità “Nel caso in cui il datore di lavoro realizzi una serie di comportamenti estorsivi nei confronti dei propri dipendenti, costringendoli ad accettare trattamenti retributivi deteriori e non corrispondenti alle prestazioni effettuate e, in genere, condizioni di lavoro contrarie alla legge ed ai contratti collettivi, approfittando della situazione di mercato in cui la domanda di lavoro sia di gran lunga superiore all’offerta e, quindi, ponendoli in una situazione di condizionamento morale, in cui ribellarsi alle condizioni vessatorie equivalga a perdere il posto di lavoro, è configurabile il reato di estorsione di cui all’art. 629 c.p.. L’eventuale accordo contrattuale tra datore di lavoro e dipendente, nel senso di accettazione da parte di quest’ultimo delle suddette condizioni vessatorie, non esclude, di per sè, la sussistenza dei presupposti dell’estorsione mediante minaccia, in quanto uno strumento teoricamente legittimo può essere usato per scopi diversi da quelli per cui è apprestato e può integrare, al di là della mera apparenza, una minaccia ingiusta, perchè ingiusto è il fine a cui tende, e idonea a condizionare la volontà del soggetto passivo, interessato comunque ad assicurarsi una possibilità di lavoro, altrimenti esclusa per le generali condizioni ambientali o per le specifiche caratteristiche di un particolare settore di impiego della manodopera” (per tutte: Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261553 – 01; Sez. 2, n. 3724 del 29/10/2021, dep. 2022, Lattanzio, Rv. 282521; Sez. 2, n. 28682 del 5/06/2008, Beritivegna, non mass.). Al riguardo, la Corte territoriale evidenzia come la persona offesa abbia chiesto nel corso dell’esecuzione del contratto il dovuto adeguamento e come la minaccia di licenziamento abbia svolto efficienza causale nel costringerla ad accettare una retribuzione inferiore. Si tratta di una condotta che non si sottrae all’applicazione della fattispecie estorsiva, in quanto non ci si trova dinanzi ad una mera prospettazione di accettare un lavoro sottopagato, ma della corresponsione da parte del datore di lavoro, nella fase esecutiva del contratto, di uno stipendio ridotto rispetto a quanto risultante in busta paga, sotto minaccia della perdita del posto di lavoro, assumendo così il profitto che lo stesso ne ricava natura ingiusta (Sez. 2, n. 21789 del 04/10/2018, dep. 2019, Rv. 275783 – 01, in motivazione pag. 2-3). Quanto alla prospettazione di porre fine al rapporto di lavoro, infatti, giova ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte di legittimità in tema di estorsione, la prospettazione dell’esercizio di una facoltà o di un diritto spettante al soggetto agente integra gli estremi della minaccia “contra ius” quando, pur non essendo antigiuridico il male prospettato come conseguenza diretta di tale condotta, si faccia ricorso alla stessa per coartare la volontà altrui ed ottenere scopi non consentiti o risultati non dovuti, nè conformi a giustizia (Sez. 6, n. 47895 del 19/06/2014, Rv. 261217; Sez. 2, n. 119 del 04/11/2009, Rv. 246306). Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13/07/2023) 09-08-2023, n. 34775

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