Il divieto ai residenti di circolare con veicolo immatricolato all’estero costituisce una restrizione alla libera circolazione di capitali

17 Gen

Il divieto ai residenti di circolare con veicolo immatricolato all’estero costituisce una restrizione alla libera circolazione di capitali

L’art. 63, par. 1, TFUE osta alla normativa di uno Stato membro che vieta a chiunque abbia stabilito la propria residenza in tale Stato da più di 60 giorni di circolarvi con un veicolo immatricolato in un altro Stato membro, senza tener conto della durata di utilizzo di detto veicolo nel primo Stato membro e senza che l’interessato possa far valere un diritto a un’esenzione, qualora il veicolo non sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato nel primo Stato membro a titolo permanente né sia, di fatto, utilizzato in tal modo.
di Fabio Piccioni

Corte di Giustizia UE, sez. VI, 16 dicembre 2021, n. C-274/20

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Corte di Giustizia UE, sez. VI, 16 dicembre 2021, n. C-274/20

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 18, 21, 26, 45, da 49 a 55 e da 56 a 62 TFUE. 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone GN e WX alla Prefettura di Massa Carrara – Ufficio Territoriale del Governo di Massa Carrara (Italia) in merito ad un verbale di contravvenzione. Contesto normativo 3 L’articolo 93, comma 1-bis, del decreto legislativo del 30 aprile 1992, n. 285 – Nuovo codice della strada (supplemento ordinario alla GURI n. 114 del 18 maggio 1992), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «codice della strada»), prevede quanto segue: «Salvo quanto previsto dal comma 1-ter, è vietato, a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre [60] giorni, circolare con un veicolo immatricolato all’estero». 4 Dall’ordinanza di rinvio risulta che per la violazione dell’articolo 93, comma 1‑bis, di tale codice è prevista una sanzione amministrativa di importo compreso tra EUR 712 e EUR 2 848. 5 L’articolo 93, comma 1-ter, di detto codice dispone quanto segue: «Nell’ipotesi di veicolo concesso in leasing o in locazione senza conducente da parte di un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva, nonché nell’ipotesi di veicolo concesso in comodato a un soggetto residente in Italia e legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione con un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria od altra sede effettiva, nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice doganale comunitario, a bordo del veicolo deve essere custodito un documento, sottoscritto dall’intestatario e recante data certa, dal quale risultino il titolo e la durata della disponibilità del veicolo. In mancanza di tale documento, la disponibilità del veicolo si considera in capo al conducente». 6 L’articolo 43 del codice civile, nella versione applicabile al procedimento principale, definisce la «residenza» come «il luogo in cui la persona ha la dimora abituale». Procedimento principale e questioni pregiudiziali 7 GN risiede in Italia mentre sua moglie, WX, risiede in Slovacchia. 8 Il 17 febbraio 2019, mentre WX si trovava in Italia, GN e WX utilizzavano l’autovettura di quest’ultima, immatricolata in Slovacchia, per recarsi a un supermercato. 9 L’autovettura veniva condotta inizialmente da WX, successivamente da GN. 10 In tale occasione venivano fermati e controllati dalla polizia stradale di Massa Carrara. Nel corso di tale controllo di polizia veniva elevata una contravvenzione nei confronti di GN, conducente del veicolo in questione al momento del controllo, e nei confronti di WX, in quanto proprietaria del veicolo, e veniva disposto il sequestro dell’auto per violazione dell’articolo 93, comma 1-bis, del codice della strada, in quanto GN, residente in Italia da più di 60 giorni, era alla guida di un’auto immatricolata all’estero. 11 Il giudice del rinvio rileva che, in forza del diritto nazionale applicabile, le persone che risiedono da più di 60 giorni in Italia non sono autorizzate a circolarvi con un autoveicolo immatricolato all’estero e, per farlo, sono obbligate a far immatricolare il veicolo in Italia, conformandosi a formalità amministrative complesse e costose. 12 Il giudice precisa che l’immatricolazione di un autoveicolo in Italia, oltre alle spese di immatricolazione e all’iter burocratico piuttosto complesso, obbliga l’interessato a far revisionare nuovamente il veicolo in Italia, a pagare la tassa automobilistica in Italia anche per l’anno in corso, per il quale la corrispondente tassa è già stata pagata all’estero, e ad acquistare una nuova polizza assicurativa presso una compagnia italiana. 13 Detto giudice considera che il divieto di circolazione in Italia con un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, a prescindere dalla persona alla quale l’autoveicolo è intestato, imposto dalla normativa italiana a chiunque risieda in Italia da più di 60 giorni, costituisce una discriminazione fondata sulla cittadinanza. Inoltre, ritiene che l’obbligo di immatricolare in Italia autoveicoli già immatricolati in un altro Stato membro possa rendere difficile o limitare, in maniera indiretta ma notevole, l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione interessati, di taluni diritti sanciti dal Trattato FUE. 14 Ciò premesso, il Giudice di pace di Massa (Italia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se la nozione di divieto di “discriminazione effettuata in base alla nazionalità”, ai sensi dell’articolo 18 TFUE, debba essere interpretata nel senso che è vietata, da parte degli Stati membri, ogni legiferazione che possa, in maniera anche indiretta, occulta e/o materiale, mettere in difficoltà i cittadini degli altri Stati membri. 2) Nel caso in cui alla prima domanda sia data risposta positiva, se il comma 1‑bis dell’articolo 93 del codice della strada, sul divieto di circolazione con targhe estere (a chiunque intestate) dopo [60] giorni di residenza in Italia, possa mettere in difficoltà i cittadini degli altri Stati membri (possessori di auto con targa estera) e conseguentemente avere natura discriminatoria in base alla nazionalità. 3) Se le nozioni di: a. “diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri” di cui all’articolo 21 TFUE; b. “mercato interno” che “comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei trattati” di cui all’articolo 26 TFUE; c. “libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione […] assicurata” di cui all’articolo 45 TFUE; d. “restrizioni [vietate] alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro”, di cui agli articoli da 49 a 55 TFUE, e di e. “restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione […] vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione” di cui agli articoli da 56 a 62 TFUE debbano essere interpretate nel senso che le previsioni nazionali che possano, anche solo in maniera indiretta, occulta e/o materiale, limitare o rendere difficoltoso, per i cittadini europei, l’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri, del diritto di libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, della libertà di stabilimento e della libertà di prestazioni dei servizi o influire in qualche modo sui suddetti diritti, sono ugualmente vietate. 4) Nel caso in cui alla terza domanda sia data risposta positiva, se il comma 1‑bis dell’articolo 93 del codice della strada, sul divieto di circolazione con targhe estere (a chiunque intestate) dopo [60] giorni di residenza in Italia, possa limitare, rendere difficoltoso o influire in qualche modo sull’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri, del diritto di libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, della libertà di stabilimento e della libertà di prestazioni dei servizi». Sulle questioni pregiudiziali 15 Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 18, 21, 26, 45, da 49 a 55 e da 56 a 62 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una disposizione di diritto nazionale, la quale vieta a chiunque risieda da più di 60 giorni in uno Stato membro di circolarvi con un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, a prescindere dalla persona a cui tale veicolo è intestato. 16 A tal riguardo, occorre ricordare che, sebbene formalmente le questioni sollevate dal giudice del rinvio vertano sull’interpretazione degli articoli 18, 21, 26, 45, da 49 a 55 e da 56 a 62 TFUE, tale circostanza non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per dirimere la controversia di cui è investito, a prescindere dal fatto che il giudice vi abbia fatto o meno riferimento nel formulare dette questioni (v., in particolare, sentenza del 29 ottobre 2015, Nagy, C‑583/14, EU:C:2015:737, punto 20 e giurisprudenza ivi citata). 17 Infatti, la Corte ha già avuto modo di statuire, con riferimento a un prestito convenuto tra cittadini residenti di Stati membri diversi, che il prestito per uso transfrontaliero, a titolo gratuito, di un autoveicolo costituisce un movimento di capitali ai sensi dell’articolo 63 TFUE (sentenza del 29 ottobre 2015, Nagy, C‑583/14, EU:C:2015:737, punto 23 e giurisprudenza ivi citata). 18 Giacché è applicabile l’articolo 63 TFUE, che prevede specifici divieti di discriminazione, non va quindi applicato l’articolo 18 TFUE (sentenza del 29 ottobre 2015, Nagy, C‑583/14, EU:C:2015:737, punto 24). 19 Oltre a ciò, gli articoli da 49 a 55 TFUE, che vietano le restrizioni alla libertà di stabilimento, non sono pertinenti nell’ambito della controversia principale dal momento che, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, tale controversia non riguarda né l’accesso ad attività autonome né il loro esercizio. 20 Parimenti, poiché il fascicolo sottoposto alla Corte non contiene alcun elemento che consenta di stabilire un nesso tra la situazione di cui trattasi nel procedimento principale e l’esercizio della libertà di prestazione dei servizi prevista agli articoli da 56 a 62 TFUE, neppure l’interpretazione di questi ultimi risulta rilevante ai fini della soluzione di detta controversia. 21 Inoltre, l’ordinanza di rinvio non contiene alcun elemento che consenta di stabilire un nesso tra tale situazione e l’esercizio della libera circolazione dei lavoratori, prevista all’articolo 45 TFUE. 22 Infine, dato che l’articolo 26 TFUE prevede che il mercato interno comporti uno spazio senza frontiere interne nel quale, in particolare, è assicurata la libera circolazione dei capitali secondo le disposizioni dei Trattati e che è applicabile l’articolo 63 TFUE, il primo articolo non si applica. 23 Infatti, poiché la controversia di cui al procedimento principale riguarda il prestito di un autoveicolo da parte di un residente di uno Stato membro a un residente di un altro Stato membro, occorre esaminare le questioni sollevate anzitutto alla luce dell’articolo 63 TFUE e poi, se del caso, alla luce dell’articolo 21 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 29 ottobre 2015, Nagy, C‑583/14, EU:C:2015:737, punto 25). 24 Di conseguenza, per fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre riformulare le questioni sollevate e considerare che, con tali questioni, tale giudice chiede, in sostanza, se gli articoli 21 e 63 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro che vieta a chiunque abbia stabilito la propria residenza in tale Stato membro da più di 60 giorni di circolarvi con un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, qualunque sia la persona alla quale il veicolo è intestato. Sull’esistenza di una restrizione 25 Costituiscono restrizioni ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE le misure imposte da uno Stato membro atte a dissuadere i suoi residenti dal contrarre prestiti in altri Stati membri (v., in particolare, sentenza del 29 ottobre 2015, Nagy, C‑583/14, EU:C:2015:737, punto 26 e giurisprudenza ivi citata). 26 Ai sensi dell’articolo 93, comma 1-bis, del codice della strada, è vietato a chiunque abbia stabilito la propria residenza in Italia da oltre 60 giorni circolare con un veicolo immatricolato all’estero. 27 Di conseguenza, una persona residente in Italia da più di 60 giorni, come GN, che disponga di un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro e che intenda circolare con quest’ultimo in Italia, è tenuta a farlo immatricolare in quest’ultimo Stato membro il che, come rilevato dal giudice del rinvio, comporta il pagamento di spese e tasse nonché l’espletamento di formalità amministrative complesse. 28 Orbene, poiché l’elemento essenziale di un prestito d’uso consiste nella facoltà di utilizzare la cosa prestata, va detto che, imponendo alle persone residenti in Italia da più di 60 giorni il pagamento di un’imposta in occasione dell’utilizzo sulla rete stradale italiana di un veicolo immatricolato in un altro Stato membro, anche se quest’ultimo è stato prestato a titolo gratuito dal residente di un altro Stato membro, la normativa nazionale controversa nel procedimento principale finisce per assoggettare a imposizione i comodati d’uso transfrontaliero a titolo gratuito dei veicoli a motore (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2012, van Putten, da C‑578/10 a C‑580/10, EU:C:2012:246, punto 39). I comodati d’uso a titolo gratuito di un veicolo immatricolato in Italia non sono invece soggetti a tale imposta. 29 Pertanto, una siffatta differenza di trattamento, a seconda dello Stato in cui è immatricolato il veicolo concesso in comodato, è tale da dissuadere i residenti italiani dall’accettare il prestito offerto loro da residenti in un altro Stato membro di un veicolo immatricolato in quest’ultimo Stato [v., in tal senso, ordinanza del 10 settembre 2020, Wallonische Region (Immatricolazione di un veicolo concesso in comodato), da C‑41/20 a C‑43/20, non pubblicata, EU:C:2020:703, punto 48 e giurisprudenza ivi citata]. 30 Di conseguenza, la normativa nazionale menzionata al punto 24 della presente sentenza, in quanto idonea a dissuadere i residenti italiani dal contrarre prestiti in altri Stati membri, costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2012, van Putten, da C‑578/10 a C‑580/10, EU:C:2012:246, punti 40 e 41). Sulla giustificazione della restrizione 31 Da una giurisprudenza costante della Corte risulta che una restrizione a una delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE può essere ammessa solo se persegue uno scopo legittimo compatibile con detto Trattato ed è giustificata da motivi imperativi di interesse generale. In un’ipotesi del genere occorre, inoltre, che l’applicazione di una siffatta misura sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo di cui trattasi e non ecceda quanto è necessario per raggiungerlo [v., in particolare, sentenza del 29 ottobre 2015, Nagy, C‑583/14, EU:C:2015:737, punto 31, e ordinanza del 23 settembre 2021, Wallonische Region (Immatricolazione di un veicolo di una società senza personalità giuridica), C‑23/21, non pubblicata, EU:C:2021:770, punto 48 e giurisprudenza ivi citata)]. 32 Il governo italiano afferma, in sostanza, che l’obiettivo della normativa di cui trattasi nel procedimento principale è quello di evitare che, mediante l’utilizzo abituale nel territorio nazionale di veicoli immatricolati all’estero, soggetti residenti e che lavorano in Italia possano commettere illeciti, quali il mancato pagamento delle tasse, delle imposte e dei pedaggi, possano eludere sanzioni o fruire di premi assicurativi più vantaggiosi, ma anche che l’identificazione degli effettivi conducenti di tali veicoli sia resa difficile, se non impossibile, per le forze di polizia deputate al controllo. 33 A questo proposito occorre ricordare che, per quanto riguarda in particolare gli obiettivi di lotta all’evasione fiscale in materia di tassa d’immatricolazione e di tassa sugli autoveicoli, la Corte ha già avuto modo di affermare che uno Stato membro può assoggettare ad un’imposta di immatricolazione un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, qualora tale veicolo sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato nel territorio del primo Stato membro in via permanente oppure venga, di fatto, utilizzato in tal modo (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2012, van Putten, da C‑578/10 a C‑580/10, EU:C:2012:246, punto 46 e giurisprudenza ivi citata). 34 Per contro, se tali condizioni non sono soddisfatte, il collegamento con uno Stato membro del veicolo immatricolato in un altro Stato membro risulta meno stretto, sicché si rende necessaria una diversa giustificazione della restrizione in questione (sentenza del 26 aprile 2012, van Putten, da C‑578/10 a C‑580/10, EU:C:2012:246, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). 35 Spetta al giudice del rinvio valutare la durata dei comodati di cui al procedimento principale e la natura dell’utilizzazione effettiva dei veicoli presi in prestito (sentenza del 26 aprile 2012, van Putten, da C‑578/10 a C‑580/10, EU:C:2012:246, punto 49). 36 Inoltre, per quanto riguarda l’obiettivo di prevenire gli abusi, si evince dalla giurisprudenza della Corte che, se è vero che i cittadini non possono abusare o invocare in modo fraudolento il diritto dell’Unione, non si può basare una presunzione generale di abuso sul fatto che una persona residente in Italia utilizzi, nel territorio di tale Stato membro, un veicolo immatricolato in un altro Stato membro che gli è stato prestato a titolo gratuito da una persona residente in tale altro Stato membro [ordinanza del 10 settembre 2020, Wallonische Region (Immatricolazione di un veicolo concesso in comodato), da C‑41/20 a C‑43/20, non pubblicata, EU:C:2020:703, punto 53 e giurisprudenza ivi citata]. 37 Quanto alla giustificazione relativa al requisito dell’efficacia dei controlli stradali, richiamata dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte, occorre rilevare che non risulta per quali ragioni l’identificazione degli effettivi conducenti dei veicoli immatricolati all’estero sia resa difficile, se non impossibile, per le forze di polizia deputate al controllo. 38 Inoltre, per quanto riguarda l’obiettivo consistente nel fatto che il conducente interessato non usufruisca di premi assicurativi più vantaggiosi, addotto da tale governo, non risulta né dall’ordinanza di rinvio né dalle osservazioni scritte di detto governo in che misura tale obiettivo costituisca un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato FUE e sia giustificato da motivi imperativi di interesse generale, secondo la giurisprudenza citata al punto 31 della presente sentenza. Orbene, a tal riguardo, occorre ricordare che spetta allo Stato membro che adduce un motivo che giustifichi una restrizione ad una delle libertà fondamentali garantite da tale Trattato dimostrare in concreto l’esistenza di un motivo di interesse generale (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2003, ATRAL, C‑14/02, EU:C:2003:265, punto 69). 39 Infine, secondo una giurisprudenza costante, la riduzione delle entrate fiscali non può essere considerata un motivo imperativo di interesse generale che può essere invocato per giustificare una misura che sia in linea di principio contraria a una libertà fondamentale [v., in particolare, sentenze del 7 settembre 2004, Manninen, C‑319/02, EU:C:2004:484, punto 49: del 22 novembre 2018, Sofina e a., C‑575/17, EU:C:2018:943, punto 61, nonché ordinanza del 10 settembre 2020, Wallonische Region (Immatricolazione di un veicolo concesso in comodato), da C‑41/20 a C‑43/20, non pubblicata, EU:C:2020:703, punto 55]. 40 Di conseguenza, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che vieta a chiunque abbia stabilito la propria residenza in tale Stato membro da più di 60 giorni di circolarvi con un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, a prescindere dalla persona alla quale il veicolo è intestato, senza tener conto della durata di utilizzo di detto veicolo nel primo Stato membro e senza che l’interessato possa far valere un diritto a un’esenzione, qualora il medesimo veicolo non sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato nel primo Stato membro a titolo permanente né sia, di fatto, utilizzato in tal modo. 41 Date tali circostanze, non è necessario pronunciarsi sull’interpretazione dell’articolo 21 TFUE.

Sulle spese

42 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara: L’articolo 63, paragrafo 1, TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che vieta a chiunque abbia stabilito la propria residenza in tale Stato membro da più di 60 giorni di circolarvi con un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, a prescindere dalla persona alla quale il veicolo è intestato, senza tener conto della durata di utilizzo di detto veicolo nel primo Stato membro e senza che l’interessato possa far valere un diritto a un’esenzione, qualora il medesimo veicolo non sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato nel primo Stato membro a titolo permanente né sia, di fatto, utilizzato in tal modo.

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