Sicurezza sul lavoro: preposto e obblighi formativi del datore

9 Gen

Sicurezza sul lavoro: preposto e obblighi formativi del datore

di A. Villafrate

Il decreto lavoro fisco prevede la nomina del preposto e l’obbligo formativo del datore in materia di sicurezza sul posto di lavoro
lavoro costruzione sicurezza infortuni

Il decreto fisco lavoro, convertito nella legge n. 215/2021 e pubblicato sulla Gu del 20 dicembre 2021 interviene in materia di sicurezza sui posti di lavoro apportando alcune importanti novità, attraverso la modifica del dlgs n. 81/2008 che contiene l'”attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.”
Nomina del preposto

La disposizione di modifica prevede che d’ora in poi i datori di lavoro pubblici e privati, così come i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e le competenze conferite, debbano individuare il soggetto preposto o i preposti per eseguire le attività di vigilanza contemplate dall’articolo 19.

Il “preposto”, ai sensi dell’art. 2 del dlgs n. 81/2008 è infatti colui che “in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.”

Il suddetto art. 19, impone in particolare al preposto:

grazie alla modifica del decreto fisco – lavoro “di sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza.
In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti”;
in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate”;
di frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall’articolo 37.

Preposto che, nello svolgimento di attività in appalto o subappalto, i datori di lavoro appaltatori o subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente.
Diritti, obblighi e tutela del preposto

Il decreto fisco – lavoro prevede inoltre che i contratti e gli accordi collettivi di lavoro possano stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di vigilanza, ma che lo stesso non debba subire alcun pregiudizio a causa dello svolgimento della propria attività.

In virtù dell’importanza del ruolo rivestito dal preposto il decreto prevede altresì che le attività formative di questo soggetto debbano svolgersi interamente in presenza e ripetute con cadenza minima biennale e comunque quando si rende necessario a causa dell’evoluzione di rischi già presenti o dell’insorgenza di nuovi.

Formazione obbligatoria del datore

Novità anche per il datore di datore, che in virtù del decreto fisco, non dovrà solo assicurarsi che i lavoratori conoscano le regole di sicurezza da rispettare nell’ambiente di lavoro. Entro il 30 giugno 2022 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dovrà infatti adottare un accordo con il quale dovrà accorpare, rivisitare e modificare gli accordi attuativi del decreto in materia di formazione, per garantire:

“l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;
“l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.”

Formazione del datore, così come dei dirigenti e dei preposti, a cui deve seguire un aggiornamento in base ai rispettivi compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Foonte Studio Cataldi

3 Gen

Esercizi pubblici: Sanzione per la mancata accettazione di pagamenti effettuati con carte di credito

L’art 19 ter del D.L. 06.11.2021, n. 152 convertito con Legge 29.12.2021 nr 233  recante:  «Disposizioni  urgenti  per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose»,  pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nr n.310 del 31.12.2021, ha introdotto la sanzione per  la mancata accettazione di pagamenti, di qualsiasi  importo,  effettuati con carte di debito e credito, la sanzione amministrativa per  tale violazione è di una somma pari a 30 euro, aumentata del 4  per  cento  del  valore della transazione per la quale sia stata rifiutata l’accettazione del pagamento. Per  la citata sanzione si applicano le procedure e i termini  previsti  dalla legge 24 novembre 1981, n.  689,  a  eccezione  dell’articolo  16  in materia di pagamento in  misura  ridotta.  L’autorità’  competente  a ricevere il rapporto di cui all’articolo 17 della medesima  legge  n. 689 del 1981 e’ il prefetto della  provincia  nella  quale  e’  stata commessa  la  violazione.  La sanzione decorre dal  01 gennaio 2023

3 Gen

Aria. Inquinamento atmosferico e COVID-19

di Aldo DI GIULIO

La scienza medica si interroga se fra l’inquinamento atmosferico e la pandemia dal Coronavirus, SARS-CoV-2, ci sia un nesso scientifico documentabile. L’esposizione agli inquinanti atmosferici antropogenici può sviluppare reazioni infiammatori polmonari influendo negativamente sullo stato di salute dell’uomo. Ambedue i contaminanti considerati, chimico (PM10, PM2,5) e biologico (coronavirus), hanno la via dell’aria ambiente come mezzo di trasmissione e il bersaglio comune dei polmoni.

Una traccia comparativa è l’effetto del particolato PM2,5 e del SARS-CoV-2, su l’organismo umano che, in modo distinto, può determinare disfunzione endoteliale vascolare, stress ossidativo, trombosi, aggressione al sistema immunitario. Il virus patogeno che determina la malattia, Covid-19, presenta complicanze respiratorie, infarto miocardico, aumento dei biomarcatori che si rilevano anche con elevati livelli di inquinamento atmosferico (1,2). L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, IARC, ha classificato il particolato PM10 e PM2,5, come cancerogeno di classe 1.

Gli inquinanti tossici e nocivi emessi dalle auto, industrie, riscaldamento domestico, biomasse, possono costituire un catalizzatore, un acceleratore che aumenti la capacità infiammatoria del virus?

Un altro indizio fra i contaminanti per il confronto nel mondo, può essere il numero dei decessi registrati sul versante dell’inquinamento atmosferico, oltre 7mln e quelli attribuiti al SARS-CoV-2 >5 mln (OMS, Ministero della Salute).

L’inquinamento da particolato ambientale PM2,5 è stato il principale fattore di rischio di livello 4 per DALY (Disability Adjusted Life years) tra i rischi ambientali con 4,14 milioni (3,45-4,80) di decessi nel 2019. L’inquinamento da ozono ambientale ha rappresentato l’11,1% dei decessi per BPCO a livello globale, per un totale di 365000 decessi (175000-564000). I più alti tassi di mortalità standardizzati per età attribuibili all’ozono si sono verificati nell’Asia meridionale (Lancet3).

Le fonti di inquinamento atmosferico chimico, provengono dalla combustione dei prodotti fossili, (petrolio, carbone, gas naturale), dalle sorgenti naturali (sabbie sahariane, vulcani, pollini); biomasse e incendi. La cattiva qualità dell’aria outdoor e indoor, data dal coronavirus con i provvedimenti conseguenti, lockdown, smart working, mascherina, guanti, didattica a distanza, accessi limitati ai luoghi chiusi, vaccino e super green pass sono atti di prevenzione contro una forma di “inquinamento atmosferico biologico”.

Aspetto giuridico. Le misure adottate nella pandemia trovano riscontro nel DPR 203/88 ove l’inquinamento atmosferico viene definito “ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell’aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di uno o più sostanze in quantità o con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrità dell’aria, da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell’uomo da compromettere le attività ricreative e gli altri usi legittimi dell’ambiente, alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati”. L’assenza di adeguate misure di prevenzione e protezione dalla diffusione del coronavirus, da parte dei responsabili della salute pubblica, potrebbe interessare l’Autorità Giudiziaria a far rispondere sulla scorta degli articoli del C.P. 438 (epidemia colposa) e art.452 (delitti colposi contro la salute pubblica).

Studio della ESC European Society of Cardiology.

Un esame multidisciplinare internazionale sull’ipotesi del ruolo dell’inquinamento atmosferico alla mortalità da Covid-19 è stato svolto dai ricercatori del Centro Internazionale di Fisica, Trieste (Italia), l’Istituto Max Planck di Chimica, Maina (Germania), Dipartimento di Biostatistica di Boston (USA), il Centro per il cambiamento climatico, Londra (Gran Bretagna), l’Università di medicina di Berlino (Germania), il Centro per la ricerca cardiovascolare di Mainz (Germania), l’Istituto di clima e atmosfera, Nicosia (Cipro) (1,2).

Metodologia della ricerca. L’ approccio sul rapporto inquinamento atmosferico/Covid-19 è stato lo studio su 65 lavori pubblicati, con criticità in alcuni Paesi. Cina. Una ricerca svolta nel 2003(4) con 5327 casi segnalati e circa 349 decessi, ha presunto che l’incidenza dell’inquinamento atmosferico potesse aggravare gli esiti sanitari dal SARS-CoV-1, antesignano del SARS-CoV-2. I due coronavirus sono simili in quanto “ i loro genomi sono estremamente correlati e i virus entrano nelle cellule ospiti legandosi allo stesso recettore di ingresso angiotensina-enzima di conversione 2” (1) . L’ indice di inquinamento atmosferico (API) è stato considerato in base alle concentrazioni del particolato, anidride solforosa, biossido di azoto, monossido di carbonio e ozono al livello del suolo. ” Un’ analisi su l’esposizione a breve termine ha dimostrato che i pazienti con SARS provenienti da regioni con API (indice di inquinamento atmosferico) moderate avevano un rischio dell’84% di morire di SARS rispetto a quelli provenienti da regioni con API basse (RR=1,84, 95%CI:1,41-2,40). I pazienti con SARS provenienti da regioni con API elevate avevano il doppio delle probabilità di morire di SARS rispetto a quelle provenienti da regioni con API basse (RR=2,18, 95%CI:1,31-3,65%) (1,4) ”.

Italia. La Protezione Civile Italiana ha calcolato che al 21 marzo 2020, la mortalità in Lombardia ed Emilia Romagna è stata di circa il 12% mentre nel resto di Italia è stata di circa il 4,5%. Il Royal Netherlands Meteorological Institute studiando il monitoraggio dell’ozono dal satellite della Nasa ha affermato che il Nord Italia rappresenta una delle aree più inquinate di Europa anche a causa della morfologia e orografia del territorio. L’indice di inquinamento utilizzato (AQI) considera gli inquinanti del PM10, PM2,5, SO2, O3 ed NO2 . La popolazione con una età media avanzata e affetta da altre comorbidità che vive in una area fortemente inquinata, “ potrebbe avere le difese delle ciglia e delle vie aeree superiori indebolite sia dall’età che dall’esposizione cronica all’inquinamento atmosferico e l’esposizione al virus SARS-CoV-2 aggravare lo stato di salute. Un sistema immunitario debole, innescato dalla esposizione cronica all’inquinamento atmosferico, può portare a un distress respiratorio acuto (ARDS) e alla morte, in caso di gravi comorbidità respiratorie e cardiovascolari . L’alto tasso di inquinamento atmosferico dovrebbe essere considerato come un ulteriore cofattore dell’elevato livello di letalità nelle regioni del Nord Italia (1,5)”.

Inghilterra e Paesi Bassi. Ricerche svolte hanno confermato i riscontri fra la cattiva qualità dell’aria ambiente e il Covid-19(1).

Modello di studio. L’equipe della European Society of Cardiology Cardiovascolar ha stimato l’incidenza dell’inquinamento atmosferico sul tasso di mortalità da Covid-19 utilizzando i dati epidemiologici negli USA e in Cina, i valori del particolato PM2,5 per l’esposizione a medio e lungo termine, con l’impiego di modelli misti binomiali. Il modello adottato di circolazione generale della chimica atmosferica globale (EMAC) ricrea i processi chimici atmosferici, meteorologici e le interazioni con gli oceani e la biosfera, nella stessa rappresentazione degli studi sui cambiamenti climatici e la salute pubblica. L’esposizione al particolato, è stata determinata con i valori annuali di PM2,5 del 2019, acquisiti dai dati satellitari, in prossimità della superfice terrestre, calcolando la frazione antropica, integrati nel modello di chimica atmosferica. La stima dell’inquinante ha ponderato la popolazione tra aree urbane e rurali (1).

Fonte: Cardiovascolar Research Volume 116, N.114, 1dicembre 2020, Pagg.2247-2253. Contributi regionali e globali dell’inquinamento atmosferico al rischio di morte per COVID-19. A. Pozzer, F. Dominici, A. Haines, C. Watt, T. Munzel e J. Lelieveld, 2020.

L’indagine della ESC, osservata fino al marzo del 2020, ha individuato mediamente l’incidenza percentuale dell’inquinamento atmosferico sui decessi dalla pandemia del Covid-19 nel mondo del 15%, Asia Orientale 27%, Nord America 17%, Asia del Sud 15%, Europa 19%, Sud America 9%, Asia Occidentale 8%, Africa 7%, Oceania 3%; in Italia del 15% (1-2).

Percentuali regionali di mortalità per COVID-19 attribuite a fonti di aria legate ai combustibili fossili e a tutte le fonti antropogeniche di inquinamento

Regione

Popolazione (milioni)

Frazioni di mortalità per COVID-19 attribuita all’inquinamento atmosferico (%)

Emissioni legate ai combustibili fossili

Tutte le emissioni antropogeniche

Europa

628

13 (6-33)

19 (8-41)

Africa

1345

2 (1-19)

7 (3-25)

Asia occidentale

627

6 (3-25)

8 (4-27)

Asia del sud

2565

7 (3-22)

15 (8-31)

Asia orientale

1685

15 (8-32)

27 (13-46)

Nord America

525

14 (6-36)

17 (6-39)

Sud America

547

3 (1-23)

9 (4-30)

Oceania

28

1 (0-20)

3 (1-23)

Mondo

7950

8 (4-25)

15 (7-33)

I livelli di confidenza del 95% sono indicati tra parentesi

I dati dei decessi per il Covid-19 in USA sono stati raccolti dalla Jonhns Hopkinsin University fino al 22 aprile del 2020, in 3087 contee su 3142, il 98% della popolazione, di cui il 42% ha riportato decessi per Covid-19. L’indagine ha considerato 20 potenziali fattori di confusione: la dimensione della popolazione, la distribuzione per età, densità di popolazione, periodo di tempo dall’inizio della pandemia, tempo trascorso ai confinamenti domiciliari, letti ospedalieri, numero di individui testati, condizioni meteorologiche, fattori socioeconomici e di rischio come obesità e fumo.

Lo studio mostra una confrontabilità fra le cause di morte dei pazienti da Covid-19 e quelle che determinano la mortalità da PM2,5. Il rischio di mortalità dal virus è aumentato fino all’8% con l’incremento del contaminante. Una osservazione di 5700 pazienti ricoverati per Covid-19 nel distretto di New York ha rilevato che le comorbilità erano di ipertensione (57%), obesità (42%), e diabete (34%), indici di rischio cardiovascolare, osservati anche in relazione a elevati valori di particolato PM2,5 (1,6).

L’effetto dello smog su gli esiti sanitari della pandemia in Cina nel 2020, è valutato con la correlazione spaziale dell’inquinamento da particolato. Una analisi trasversale è stata eseguita per esaminare il valore giornaliero del PM2,5 e PM10 nello spazio con il tasso di mortalità da Covid-19, attraverso il metodo di regressione lineare multipla. La ricerca ha riguardato 49 città tra cui Wuhan, 15 città all’interno dell’Hubei e 33 città fuori dell’Hubei con non meno 100 casi al 22 marzo 2020, pervenendo alla conclusione che “ il tasso di mortalità da Covid-19 ha una forte associazione con PM2,5 e PM10 sia nella provincia di Hubei che nelle altre città della Cina. Il tasso di mortalità delle città all’interno dell’Hubei era inferiore a quello di Whan”.

L’approfondimento è stato svolto considerando gli studi sulla epidemia della SARS in Cina del 2003, aumentando il tasso di mortalità, considerando che, il Covid-19 è causato da SARS-CoV-2 che condivide il 79,6 di identità di sequenza con SARS-CoV e ha lo stesso recettore di ingresso cellulare, l’enzima di conversione dell’angiotensina II come il SARS-CoV (1,7).

L’influenza dell’inquinamento sulla pandemia dal Covid-19 indica che 7 sui primi dieci Paesi nel mondo sono in Europa (2).

Rischio dall’inquinamento atmosferico. La stima del rischio dell’inquinamento atmosferico al Covid-19 è stata svolta applicando la funzione esposizione-risposta dell’OMS considerando l’esposizione media annua del sito osservato e la concentrazione del PM2,5 al di sotto della quale l’esposizione non ha significato epidemiologico. La frazione della mortalità attribuibile allo smog ha considerato i valori del PM2,5 rispetto alla distribuzione della popolazione sul territorio, città, periferia, aree suburbane. I dati sulla popolazione sono stati forniti dalla NASA e dalla Columbia University Center.

Limiti dell’indagine preliminare. Una conclusione congrua sarà svolta al termine della pandemia in quanto i dati epidemiologici si fermano alla terza settimana di giugno 2020 e i livelli di confidenza al 95%, presentati in tabella, sono considerevoli. I dati per la Cina presentano una incertezza significativa, i valori utilizzati per lo studio provengono da paesi ad alto reddito e la rappresentatività per i paesi a basso reddito può essere limitata. In Africa e in Asia occidentale la contaminazione dell’aria ambiente dalle polveri eoliche può agire sulla mortalità e in Paesi a basso reddito l’inquinamento domestico può influire sui decessi anticipati.

Valutazioni. Le precondizioni broncopolmonari e cardiovascolari, tra cui ipertensione, diabete, malattia coronarica, cardiomiopatia, asma, BPCO e malattie acute delle vie inferiori, tutte influenzate negativamente dall’inquinamento atmosferico, portano a un rischio più elevato in Covid-19. Il rischio di decesso aumenta con l’età, >70 anni. Le frazioni di mortalità per Covid-19 attribuita all’inquinamento atmosferico dato dai combustibili fossili vede il mondo articolato in tre fasce: Asia orientale (15), Nord America (14), Europa (13); Asia del sud (7), Asia occidentale (6); Sud America (3), Africa (2), Oceania (1); mediamente nel mondo (8).

Lo studio suggerisce che l’inquinamento atmosferico è un importante cofattore che aumenta la mortalità dal Covid-19 (1) .

Bibliografia. 1-ESC European Society of Cardiology Cardiovascolar Research Volume 116, N.114, 1dicembre 2020, Pagg.2247-2253. Contributi regionali e globali dell’inquinamento atmosferico al rischio di morte per COVID-19. A. Pozzer, F. Dominici, A. Haines, C. Watt, T. Munzel e J. Lelieveld, 2020; 2- Cardiovascolar Research “Informazioni supplementari” Volume 116, N.114, 1dicembre 2020, Pagg,2247-2253. Stima delle percentuali di mortalità da COVID-19 attribuite all’inquinamento atmosferico da tutte le fonti antropogeniche; 3- The Lancet.com Vol. 396 17 ottobre 2020; 4- Inquinamento atmosferico e morte del caso di SARS nella Repubblica Popolare Cinese: uno studio ecologico. -Salute ambientale. Cui Y, Zhang Z-F, Froines G, Zhao J, Whang H, Yu S-Z, Detels R; 5-L’inquinamento atmosferico può essere considerato un co-fattore nell’altissimo livello di letalità SARS-CoV-2 nel Nord Italia? E. Conticini, B. Frediani, D. Cario, Inquinamento ambientale. Volume 261, giugno 2020, 114465; 6-Esposizione all’inquinamento atmosferico e alla mortalità da COVID-19 negli Stati Uniti: una analisi nazionale, studio trasversale. Xiao Wu, Rachel C Nethery, M Benjamin Sabath, Danielle Braun, Francesca Dominici; 7-Correlazione spaziale dell’inquinamento atmosferico da particolato e del tasso di mortalità di COVID-19, Yao Y, Pan J; Wang W, Liu X, Kan H, Meng X, Wang W, Università Fuban, Shangai, Cina, 2020.

Aldo Di Giulio

Fonte Studio Cataldi

3 Gen

Abbandono di minori lasciare i figli addormentati in auto

di A. Villafrate

La Cassazione ricorda che integra il reato di abbandono di minori lasciare i figli addormentati in auto e andare a ballare perché in questo modo si viola l’onere della cura

Corrette per la Cassazione le conclusioni a cui è giunta la Corte di Appello nel condannare una mamma che, come emerso chiaramente dalle prove raccolte, in diverse occasioni ha lasciato i figli minori in auto addormentati per andare a ballare. Nel momento in cui infatti si accetta di esporre al pericolo, anche solo potenziale, dei minori e si persiste nella condotta il reato di abbandono è integrato. Queste le conclusioni della Cassazione esposte nella sentenza n. 44657/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

La Corte di Appello condanna una madre per il reato di abbandono in concorso formale, perché in diverse occasioni ha lasciato i figli minori nella sua autovettura, soli e addormentati, per recarsi in locali di pubblico divertimento.
C’è abbandono se la mamma sorveglia i figli lasciati in auto?

Nel ricorrere in Cassazione la donna si affida a 5 motivi di ricorso per far valere le proprie ragioni.
Con il primo motivo contesta l’addebito per il reato di abbandono in relazione a un episodio in particolare perché l’auto quella sera era rimasta parcheggiata davanti alla casa della madre.

Con il secondo contesta l’attendibilità di due testimoni perché vicini al marito, che ha sporto denuncia nei suoi confronti. Ritiene inoltre che sia stato dato troppo credito alle riprese delle telecamere e che la Corte abbia errato nel ritenere che la stessa non vigilasse i minori lasciati in auto.
Per la donna inoltre l’elemento oggettivo del reato e il pericolo che avrebbero corso i minori e che è stato solo ipotizzato non sussiste, visto che la stessa ha sempre sorvegliato l’auto in cui si i bambini dormivano.
Contesta poi la decisione con la quale la stessa è stata condannata anche in sede civile.
Abbandono di minori lasciare i figli incustoditi in auto di notte

La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per i motivi che si vanno a illustrare.
Il primo motivo con cui si contesta la correlazione tra accusa e sentenza è manifestamente infondato perché non c’è violazione di detto principio solo per contrasto tra data effettiva e data diversa del reato contestato, se dagli atti emerge il tempo di consumazione del reato.

Inammissibile invece il secondo motivo perché le ricostruzioni alternative dei testi della difesa non sono state ritenute attendibili dalla Corte di merito, anche perché trattasi di amici dell’imputata che hanno trascorso con la stessa le serate nei locali.

Manifestamente infondato il terzo motivo perché “l’elemento oggettivo del reato di abbandono di persone minori o incapaci, di cui all’art 591 cod. pen è integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia), gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l’incolumità del soggetto passivo.” Non è quindi illogico che la Corte, una volta dimostrata la condotta dell’imputata, abbia ritenuto sussistente una situazione di pericolo, quantomeno potenziale, per i minori in virtù delle tante ore trascorse di notte nell’abitacolo senza sorveglianza.

Per quanto riguarda poi l’elemento soggettivo la Corte ricorda che per integrare il reato di abbandono è sufficiente il dolo generico o eventuale, che sussiste quando si accerta che l’agente persiste nella sua condotta accettandone i rischi, pur essendosi rappresentato, in conseguenza del suo comportamento inerte, la possibilità concreta di un abbandono del soggetto passivo in grado di metterlo in pericolo.

Manifestamente infondati infine anche il quinto e il sesto motivo sulle statuizioni civili. Ricorso inammissibile quindi e condanna dell’imputata a pagare 3000 euro alla cassa delle ammende e a rifondere le spese della parte civile sostenute nel grado di giudizio, come da dispositivo.

3 Gen

Stop al telemarketing selvaggio anche sui telefonini

di A. Villafrate

Dopo il decreto capienze arriva lo schema del Dpr che estende il “registro delle opposizioni” anche ai numeri di cellulare e contro gli ‘squilli’ molesti
cartello di stop a telefonate indesiderate

Tempestano gli utenti ogni giorno. Sono tante le lamentele di chi riceve chiamate dai call center. Ma se dal telemarketing selvaggio sui telefoni fissi ci si può difendere con l’iscrizione al registro delle opposizioni, ora finalmente c’è una speranza anche per evitare chiamate indesiderate sui cellulari.

Il decreto legge n. 139/2021, coordinato con la legge di conversione n. 205/2021 (sotto allegato), interviene infatti anche in materia di dati personali, andando a modificare il decreto legislativo n. 196/2003 ossia il Codice in materia di protezione dei dati personali e la legge n. 5/2018 contenente “Nuove disposizioni in materia di iscrizione e funzionamento del registro delle opposizioni e istituzione di prefissi nazionali per le chiamate telefoniche a scopo statistico, promozionale e di ricerche di mercato.”

Le “difese” già esistenti, grazie al decreto capienze, si allargano anche agli squilli indesiderati provenienti da sistemi automatizzati, irrobustendo così le tutele create dal registro e sbloccando l’iter del decreto attuativo, con il quale si vuole allargare il perimetro di azione del registro delle opposizioni anche ai cellulari, il cui schema, approvato il 28 dicembre 2021 (sotto allegato), va a sostituire il DPR n. 178/2010.

Ora però vediamo come cambia la legge 5/2018 in virtù delle modifiche introdotte del decreto capienze.
Trattamento dei dati automatizzati senza operatore

L’art. 9 del dl n. 139/2021 va a modificare in particolare alcuni commi l’art. 1 e il primo comma dell’art. 2 della legge 5/2018. In virtù di detta modifica il comma 1 prevede in sostanza che possono iscriversi al registro delle opposizioni tutti coloro che vogliano opporsi al trattamento delle proprie numerazioni telefoniche relative a tutte le utenze fisse e mobili, ovvero “tutti gli interessati che vogliano opporsi al trattamento delle proprie numerazioni telefoniche effettuato mediante operatore con l’impiego del telefono nonché, ai fini della revoca di cui al comma 5, mediante sistemi automatizzati di chiamata o chiamate senza l’intervento di un operatore per fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta, ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.”

Il comma 5, in virtù delle modifiche, così dispone: “Con l’iscrizione al registro (…) si intendono revocati tutti i consensi precedentemente espressi, con qualsiasi forma o mezzo e a qualsiasi soggetto, che autorizzano il trattamento delle proprie numerazioni telefoniche fisse o mobili effettuato per fini di pubblicità o di vendita ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale ed è altresì precluso, per le medesime finalità, l’uso delle numerazioni telefoniche cedute a terzi dal titolare del trattamento sulla base dei consensi precedentemente rilasciati. Sono fatti salvi i consensi prestati nell’ambito di specifici rapporti contrattuali in essere, ovvero cessati da non più di trenta giorni, aventi ad oggetto la fornitura di beni o servizi, per i quali è comunque assicurata, con procedure semplificate, la facoltà di revoca.”

Il comma 12 invece assume il seguente tenore letterale: “Gli operatori che utilizzano i sistemi di pubblicità telefonica e di vendita telefonica o che compiono ricerche di mercato con o senza l’intervento di un operatore umano o comunicazioni commerciali telefoniche hanno l’obbligo di consultare mensilmente, e comunque precedentemente all’inizio di ogni campagna promozionale, il registro pubblico delle opposizioni e di provvedere all’aggiornamento delle proprie liste.”

L’art. 2 infine cambia così il primo periodo del comma 1: “Tutti gli operatori che svolgono attività di call center per chiamate con o senza operatore rivolte a numerazioni nazionali fisse o mobili devono garantire la piena attuazione dell’obbligo di presentazione dell’identificazione della linea chiamante e il rispetto di quanto previsto dall’articolo 7, comma 4, lettera b), del codice di cui al decreto legislativo n.196 del 2003.”

Cos’è il registro delle opposizioni

Ricordiamo brevemente che il registro pubblico delle opposizioni è un servizio gratuito mediante il quale l’utente si può opporre all’utilizzo (per il telemarketing) del suo numero di telefono e indirizzo presenti negli elenchi pubblici per scopi pubblicitari. Il registro che per lungo tempo riguardava solo i numeri fissi e la posta cartacea, in base al nuovo schema di decreto del 28 dicembre 2021 riguarderà anche le numerazioni nazionali mobili.

Come funziona il registro

Prima di chiamare gli utenti, chi vuole fare telemarketing deve consultare il registro delle opposizioni (per dettagli visita il sito ufficiale) sul quale è indicato con chiarezza se il soggetto in questione ha dato, o meno, il suo consenso a ricevere chiamate di pubblicità.

Gli utenti che vogliono iscriversi al registro, aggiornare i dati inseriti e revocare l’iscrizione al RPO possono procedere nei modi seguenti:

a mezzo web (compilazione di un modulo elettronico);
telefonicamente, dalla linea telefonica con numerazione corrispondente a quella per la quale si chiede l'iscrizione nel registro;
mediante posta elettronica.

Fonte Studio Cataldi

28 Dic

Penale: Art. 624 cp Il fruitore risponde del furto energia elettrica anche se allaccio è stato eseguito da persona diversa

Nel caso di furto di energia elettrica, va ribadito che l’aggravante della violenza sulle cose ex art. 625, primo comma, n. 2), cod. pen. sussiste tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, fa uso di energia fisica, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento nella destinazione, come quando la sottrazione dell’energia avviene mediante l’allacciamento diretto alla rete di distribuzione, perché tale attività comporta il necessario danneggiamento, seppure marginale, per distacco dei fili conduttori (Sez. 4, n. 23660 del 23/11/2012, dep. 2013, Camerino, Rv. 256190; Sez. 4, n. 27445 del 04/06/2008, Randazzo, Rv. 240888). Inoltre, è configurabile anche se l’allacciamento abusivo alla rete di distribuzione è materialmente compiuto da persona diversa dall’imputato che si limiti a fare uso dell’allaccio altrui. Si tratta, infatti, di circostanza di natura oggettiva, valutabile a carico dell’agente se conosciuta o ignorata per colpa, con la conseguenza che la distinzione tra l’autore della manomissione e il beneficiario dell’energia può rilevare, ai fini della configurabilità del reato o della circostanza aggravante, solo nel caso in cui incida sull’elemento soggettivo (Sez. 4, n. 5973 del 05/02/2020, Mariella, Rv. 278438; Sez. 5, n. 32025 del 19/02/2014, Rizzuto, Rv. 261745).    Sez. SESTA PENALE, Sentenza n.8333 del 02/03/2021 (ECLI:IT:CASS:2021:8333PEN), udienza del 13/01/2021, Presidente BRICCHETTI RENATO GIUSEPPE  Relatore COSTANZO ANGELO 

28 Dic

Codice della strada : Art. 189 Cds Elemento Soggettivo

Si è di recente precisato che l’elemento soggettivo di esso può essere integrato dal dolo eventuale, ravvisabile in capo all’agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall’incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all’obbligo di prestare assistenza ai feriti (cfr. sez. 4 n. 33772 del 15/6/2017, Dentice Di Accadia Capozzi, Rv. 271046, in cui la Corte, in motivazione, ha osservato che il dolo eventuale, pur configurandosi normalmente in relazione all’elemento volitivo, può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio; n. 34134 del 13/7/2007, Agostinone, Rv. 237239).   Sez. QUARTA PENALE, Sentenza n.7926 del 01/03/2021 (ECLI:IT:CASS:2021:7926PEN), udienza del 05/11/2020, Presidente IZZO FAUSTO  Relatore CIAMPI FRANCESCO MARIA 

28 Dic

Penale : Art. 629 cp Estorsione intermediazione per riottenere il bene rubato

Integra il delitto di estorsione la condotta di colui che chiede ed ottiene dal derubato il pagamento di una somma di denaro come corrispettivo per l’attività di intermediazione posta in essere per la restituzione del bene sottratto, in quanto la vittima subisce gli effetti della minaccia implicita della mancata restituzione del bene come conseguenza del mancato versamento di tale compenso (sez. 2 n. 6818 del 31/1/2013, Rv. 254501).   Sez. SETTIMA PENALE, Ordinanza n.22266 del 22/05/2019 (ECLI:IT:CASS:2019:22266PEN), udienza del 26/03/2019, Presidente DE CRESCIENZO UGO  Relatore FILIPPINI STEFANO 

28 Dic

Polizia Giudiziaria : Riprese Video

«Le riprese video di comportamenti “non comunicativi” non possono essere eseguite all’interno del “domicilio”, in quanto lesive dell’art. 14 Cost.. Ne consegue che è vietata la loro acquisizione ed utilizzazione anche in sede cautelare, e, in quanto prova illecita, non può trovare applicazione la disciplina dettata dall’art. 189 cod. proc. pen. .(v, Corte cost. n. 135 del 2001)»; «Le videoregistrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico, non effettuate nell’ambito del procedimento penale, vanno incluse nella categoria dei “documenti” di cui all’art. 234 cod. proc. pen. Le medesime videoregistrazioni eseguite dalla polizia giudiziaria, anche d’iniziativa, vanno invece incluse nella categoria delle prove atipiche, soggette alla disciplina dettata dall’art. 189 cod. proc. pen. e, trattandosi della documentazione di attività investigativa non ripetibile, possono essere allegate al relativo verbale e inserite nel fascicolo per il dibattimento» (Sez. U, n. 26795 del 28/03/2006, Prisco, Rv. 234270 – 01 ed Rv. 234267 – 01). Tra i due poli, si colloca una terza massima (nella quale le Sezioni Unite forniscono risposta al quesito rimesso al Supremo Consesso), in cui si afferma: “Le videoregistrazioni in ambienti in cui è garantita l’intimità e la riservatezza, non riconducibili alla nozione di “domicilio”, sono prove atipiche, soggette ad autorizzazione motivata dell’A.G. e alla disciplina dettata dall’art. 189 cod. proc. pen.” 3.1 Fermo quanto precede, essendo indiscussa nella fattispecie concreta in esame la presenza di comportamenti “non comunicativi” (poiché si è trattato di riprese nelle quali non sono stati registrati colloqui), deve verificarsi, alla luce delle doglianze rappresentate dalla difesa, la correttezza o meno della costruzione argomentativa offerta dai Giudici del riesame, i quali sostengono che tali riprese non siano avvenute in un’area rientrante nella nozione di “domicilio” (ricadendo così nella ipotesi di assoluto divieto, con conseguente inammissibilità-inutilizzabilità della prova, secondo i principi già affermati nella sent. Corte cost. n. 235 del 2002 e dalle Sezioni Unite nella pronuncia richiamata in precedenza), e neppure in quella di luogo “privato” (per il quale, esigenze di tutela della riservatezza del singolo, imporrebbero comunque il provvedimento dell’Autorità giudiziaria atteso il rango costituzionale del diritto alla riservatezza, sempre in conseguenza dei precetti fissati dal Giudice delle leggi).  Sez. QUARTA PENALE, Sentenza n.2085020850 del 15/05/2019 (ECLI:IT:CASS:2019:20850PEN)2019, udienza del 12/02/2019, Presidente IZZO FAUSTO  Relatore BRUNO MARIAROSARIA 

25 Dic

Autovelox, il verbale senza foto non vale neanche come presunzione semplice

di Marco Sicolo

In tema di multe per violazioni stradali rilevate da apparecchiature automatiche, l’ente accertatore non può limitarsi a depositare in giudizio il verbale
un autovelox su strada

Una recente sentenza del Giudice di Pace di Cassino (n. 2430/2021 sotto allegata) fa chiarezza sull’onere della prova nei giudizi di impugnazione delle multe per violazioni al codice della strada, specificando in particolare il limitato valore probatorio del verbale elevato a seguito di rilevamento automatico di infrazioni da parte di apparecchiature elettroniche come gli autovelox.

In particolare, il provvedimento precisa che l’ente accertatore non può limitarsi a produrre in giudizio il verbale con cui è stata contestata l’infrazione all’automobilista, difeso dall’avv. Roberto Iacovacci, ma è tenuto a fornire al giudice elementi idonei a dimostrare la fondatezza della propria pretesa.
Impugnazione multa e onere della prova

Il giudizio di opposizione a sanzioni amministrative si configura come un giudizio rivolto all’accertamento del fondamento della pretesa sanzionatoria dell’ente accertatore e per tale motivo, pur trattandosi formalmente di giudizio impugnatorio, la Pubblica Amministrazione vi assume la veste sostanziale di parte attrice, con il conseguente onere di provare l’esistenza della violazione contestata.

Partendo da questo assunto, il giudice di pace ha analizzato nel dettaglio l’attività processuale posta in essere dall’ente accertatore, con particolare riguardo alla documentazione depositata a fini probatori.

Ebbene, a questo riguardo il giudicante rilevava che la p.a. opposta, sulla quale incombeva l’onere della prova circa la legittimità del provvedimento impugnato, non aveva depositato alcun rilievo fotografico dal quale fosse possibile leggere chiaramente la targa del veicolo, risalire al modello o ad altri elementi utili per la sua identificazione, che potessero essere considerati prove sufficienti della responsabilità della parte ricorrente.

A questo punto, la dimostrazione della fondatezza della pretesa amministrativa si basava tutta sul verbale prodotto in giudizio. È proprio a questo proposito che il giudice di pace di Cassino ha evidenziato i rilievi più interessanti, che andiamo subito ad esaminare.
Verbale senza foto autovelox non prova l’infrazione

Per prima cosa, la sentenza in esame precisa che il verbale impugnato era stato elevato in base ad un’ispezione di documentazione fotografica effettuata dall’autovelox, ma che al momento del rilievo non era presente il verbalizzante o un operatore della sezione della Polizia Stradale.

Per tale motivo, viene sottolineato, il verbale non ha fede privilegiata e pertanto fornisce al giudice materiale meramente indiziario, soggetto al suo libero apprezzamento.

Al riguardo, veniva citata autorevole giurisprudenza, e in particolare una sentenza della Corte di Cassazione, sez. Lav. n. 3973/98, secondo cui, con riferimento alle circostanze di fatto che il verbalizzante dichiari di aver accertato “in seguito ad ispezione di documenti, la legge non attribuisce al verbale alcun valore probatorio precostituito, neppure di presunzione semplice, ma il materiale raccolto dal verbalizzante deve essere liberamente apprezzato dal giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuirgli il valore di vero e proprio accertamento, addossando all’opponente l’onere di fornire la prova dell’insussistenza dei fatti contestatigli”.

Inoltre, come insegna ancora la Suprema Corte, se è vero che i verbali redatti dai pubblici ufficiali fanno piena prova dei fatti che il verbalizzante attesta come avvenuti in sua presenza, va precisato che le altre circostanze di fatti che il pubblico ufficiale ha appreso a seguito di ispezione di documenti (in questo caso: i rilievi fotografici dell’autovelox) non attribuiscono al verbale alcun valore probatorio precostituito (cfr. Cass. n. 2734/02 e n. 10128/03).

Fonte Studio Cataldi