Codice della Strada: va motivata l’impossibilità della contestazione immediata

25 Ott

Codice della Strada: va motivata l’impossibilità della contestazione immediata

Di Lucia Izzo

Il Giudice di Pace di Frosinone ribadisce la necessita che la P.A. motivi espressamente sulle ragioni che non hanno reso possibile la contestazione immediata

Il verbale notificato al trasgressore, che contiene gli estremi precisi e dettagliati della violazione, deve altresì motivare espressamente in ordine alle ragioni per cui si è dovuto ricorrere alla contestazione differita, non essendo stato possibile agire in via immediata. Spetta alla P.A., infatti, l’onere di dimostrare la sussistenza della violazione amministrativa.

Lo ha chiarito il Giudice di Pace di Frosinone nella sentenza n. 632/2021 (qui sotto allegata) pronunciandosi su un’opposizione a sanzione amministrativa promossa da un conducente, vittoriosamente assistito dall’avv. Dario Simonelli, destinatario di un verbale per violazione degli artt. 148, comma 11 (soprasso vietato), 141, comma 11, e 7, comma 14, del Codice della Strada.

Il ricorrente, nell’impugnare il verbale, eccepisce la mancanza di prova delle infrazioni commesse, stante anche la mancata contestazione immediata dell’infrazione e l’incompletezza della motivazione resa nel verbale gravato.
La P.A. deve dimostrare la sussistenza della violazione amministrativa

In effetti, conferma il giudice onorario, nella copia del verbale notificato al ricorrente non si legge la motivazione per la quale la contestazione non è stata effettuata, poiché la frase risulta incompleta. E l’Amministrazione è rimasta contumace senza depositare documentazione a sostegno della sua pretesa.

Il Giudice di Pace rammenta come l’art. 201 C.d.S. prescriva che, quando la violazione non può essere immediatamente contestata, il verbale contenente gli estremi precisi e dettagliati della violazione e l’indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata dovrà essere, entro 90 giorni dall’accertamento, notificato all’effettivo trasgressore.

La norma, spiega la sentenza, “è finalizzata a tutelare il diritto di difesa, tanto più se si considera che è onere della P.A. dimostrare la sussistenza della violazione amministrativa, depositando, inoltre, la documentazione relativa cl contesto”, mentre nel caso di specie l’amministrazione è rimasta contumace senza depositare alcunché. Ed è per tali motivi che il giudicante ritiene di accogliere la domanda ai sensi dell’art 7, penultimo comma, della Legge n. 150/2011 sotto il profilo dell’insufficienza di prova.

Contestazione immediata a tutela del diritto di difesa

La pronuncia si innesta nel solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di ammissibilità della contestazione differita. Anche la Corte di Cassazione (cfr. sent. n. 8837/2005) ha precisato come la contestazione immediata di cui all’art. 201 C.d.S. assuma “un rilievo essenziale per la correttezza del procedimento sanzionatorio” svolgendo una funzione strumentale alla piena esplicazione del diritto di difesa del trasgressore.

Di conseguenza, “la limitazione del diritto di conoscere subito l’entità dell’addebito può trovare giustificazione solo in presenza di motivi che la rendano impossibile, i quali devono essere, pertanto, espressamente indicati nel verbale, conseguendone altrimenti l’illegittimità dell’accertamento e degli atti successivi del procedimento”.

La necessità di indicare espressamente le ragioni, tra quelle previste dall’art. 201 C.d.S., per cui non è stato possibile procedere alla contestazione immediata della violazione al trasgressore è stata recentemente ribadita anche Tribunale di Reggio Emilia, nella sentenza n. 511/2020, nei confronti di un conducente che era stato “pizzicato” dallo Scout Speed a viaggiare oltre i limiti di velocità consentiti.

Anche in tale occasione il giudice ha posto l’accento sulla “funzione strumentale alla piena esplicazione del diritto di difesa” che svolge la contestazione immediata imposta dall’art. 201 del Codice della Strada.

Analogamente il Giudice di Pace di Gaeta che, nella sentenza n. 362/2020, ha ribadito (richiamando una Circolare del Ministero dell’Interno in materia di accertamento in forma postuma delle violazioni) che se la contestazione immediata della violazione non è stata materialmente possibile, nel verbale andrà “riportata in modo esaustivo e completo congrua enunciazione dei motivi che l’hanno impedita”.

Fonte Studio Cataldi

22 Ott

Polizia Giudiziaria : Art. 10 bis D.Lgs. 286 del 1998

E in vero, viene costantemente affermato da questa Corte che “lo straniero extracomunitario, che sia trovato nel territorio dello Stato sprovvisto di qualsivoglia documento identificativo e del permesso di soggiorno, per non incorrere nell’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 10-bis D.Lgs. n. 286 del 1998 di ingresso illegale, ha l’onere di dimostrare l’esistenza di un titolo di ingresso o soggiorno, legittimante la sua condizione nello Stato” (Cass. Sez. 1, n. 57 del 01/12/2010, Rv. 249472).    Sez. SETTIMA PENALE, Ordinanza n.5519 del 12/02/2021 (ECLI:IT:CASS:2021:5519PEN), udienza del 03/12/2020, Presidente BONI MONICA  Relatore TALERICO PALMA 

22 Ott

Polizia Giudiziaria : Art. 13 comma 13 TU Stranieri; il reato non è scriminato anche se lo straniero contrae matrimonio con italiana

“la condotta di reingresso non autorizzato nel territorio dello Stato non è scriminata dall’avere lo straniero, destinatario di un precedente provvedimento di espulsione, contratto matrimonio con una cittadina comunitaria domiciliata nel territorio nazionale, poiché, al fine di poter legittimamente attuare il proprio diritto al ricongiungimento con il coniuge, il soggetto espulso deve preventivamente richiedere l’autorizzazione alle Autorità italiane” (Sez. 1, n. 6876 del 05/12/2014, 17/02/2015, Sinaimeri, Rv. 262347; v., anche, Sez. 1, n. 265 del 14/12/2011 – dep. 11/01/2012, Goldoni, Rv. 252045); recentemente, il medesimo principio è stato affermato con riferimento al matrimonio di un cittadino straniero espulso che aveva contratto matrimonio con una cittadina italiana domiciliata nel territorio nazionale (Sez. 1, Sentenza n. 27918 del 30/09/2020 Ud. (dep. 07/10/2020) Rv. 279640 – 01).    Sez. PRIMA PENALE, Sentenza n.5062 del 09/02/2021 (ECLI:IT:CASS:2021:5062PEN), udienza del 27/01/2021, Presidente DI TOMASSI MARIASTEFANIA  Relatore ROCCHI GIACOMO 

22 Ott

Codice della strada : Art. 186 e 187 CdS Rifiuto occorre Avviso

in tema di guida in stato di ebbrezza, l’avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore, ai sensi dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., deve essere rivolto al conducente del veicolo nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento stru- mentate dell’alcolemia, con la richiesta di sottoporsi al relativo test, anche nel caso in cui l’interessato opponga un rifiuto all’accertamento (Sez. 4, n. 34383 del 06/06/2017, Emanuele, Rv. 270526; conf, Sez. 4 n. 49236 del, 3/11/2016, Mo- rello, non mass.). 3. Tale interpretazione, trova conforto nella motivazione della pronuncia a Sezioni Unite n. 5396 del 29/01/2015, Bianchi. Rv. 263024   Sez. QUARTA PENALE,Sentenza n.1008110081del 07/03/2019 (ECLI:IT:CASS:2019:10081PEN)2019,udienza del 14/02/2019,Presidente FUMU GIACOMO Relatore PEZZELLA VINCENZO 

22 Ott

Codice della strada : Art 186 CdS Avviso difensore anche in ospedale

«In tema di guida in stato di ebbrezza, sussiste l’obbligo di previo avviso al conducente coinvolto in un incidente stradale di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi degli artt.356 cod. proc. pen. e 114 disp. att. cod. proc. pen., in relazione al prelievo ematico presso una struttura sanitaria finalizzato all’accertamento del tasso alcolemico, qualora l’esecuzione di tale prelievo non avvenga nell’ambito degli ordinari protocolli sanitari i- ma sia autonomamente richiesta dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 186, comma 5, cod. strada». In particolare, in motivazione (al punto n. 6 del “considerato in diritto”) si legge che «[…] L’obbligo di dare l’avviso ai sensi dell’art. 114 disp. att., cod. proc. pen., sussisterà […] non solo nel caso – del tutto pacifico – in cui la polizia giudiziaria proceda ai sensi dell’art. 186 co. 4 C.d.S., all’accertamento del tasso alcolemíco mediante apparecchiatura in dotazione (c.d. etilometro), ma anche in quello, apparentemente dissimile, in cui essa opti per la delega di tale verifica al personale sanitario, ai sensi dell’art. 186 co. 5 stesso codice, allorché il conducente di un veicolo, coinvolto in incidente stradale, sia cioè sottoposto alle cure mediche. In tale ipotesi, ove l’esame clinico sia stato condotto su richiesta dell’organo di polizia nei confronti di soggetto già indiziato di una condotta rilevante ai sensi dell’art. 186 C.d.S., l’accertamento dovrà essere considerato alla stregua di un vero e proprio atto d’indagine, per il quale, quindi, opereranno le garanzie processuali proprie di tale categoria di atti e, tra queste, l’obbligo dell’avviso ex art. 114 disp. att. Quando, invece, la richiesta sia giustificata dalla necessità di ricercare le prove del reato, nei confronti di soggetto che risulti già indiziato, che sia sottoposto alle cure mediche del caso e versi in condizioni di comprendere il significato dell’avviso ex art. 1i4P& disp att., la necessità di tale preventivo adempimento sorgerà solo allorquando l’esame richiesto non rientri nel protocollo sanitario autonomamente avviato dal personale medico, ma costituisca un accertamento eccentrico ed ulteriore rispetto ad esso, che il personale sanitario richiesto, cioè, non avrebbe altrimenti espletato».   Sez. QUARTAPENALE,Sentenza n.7524 del 19/02/2019 (ECLI:IT:CASS:2019:7524PEN),udienza del 16/11/2018,Presidente DI SALVO EMANUELE Relatore CENCI DANIELE 

22 Ott

Armi : Art. 699 cp e Art. 4 L 110/75 discrimine

Secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, Sez. 1, n. 9 del 10/01/1992, Ceccherini, Rv. 191120-01), il discrimine tra le contravvenzioni rispettivamente previste dagli artt. 699 cod. pen. e 4, secondo e terzo comma, legge 110 del 1975 risiede nel fatto che la prima fattispecie ha ad oggetto le armi c.d. proprie, la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona (e di cui è ammesso il porto solo previa licenza, ove concedibile), mentre la seconda ha ad oggetto le armi c.d. improprie, ossia gli altri strumenti da punta o da taglio, e gli altri oggetti utilizzabili anche per l’offesa alla persona ma a ciò non ordinariamente deputati (di cui è ammesso il porto solo in presenza di giustificato motivo).La distinzione risiede non tanto nelle caratteristiche costruttive e strutturali dei singoli strumenti e nella idoneità all’offesa alla persona, spesso comuni ad entrambe le categorie, quanto nella individuazione, tra tutte le possibili destinazioni, di quella principale corrispondente all’uso normale, da accertare con specifico riferimento a quello che rappresenta l’impiego naturale dei singoli strumenti in un determinato ambiente sociale alla stregua dei costumi, delle usanze e delle esperienze affermatisi in un dato momento storico (Sez. 1, n. 37208 del 14/11/2013, dep. 2014, Carnicelli, Rv. 260776-01). Le caratteristiche suddette vengono, comunque, in ausilio, essendo normalmente qualificabili armi proprie il coltello «a scatto» (di cui è vietato il porto in modo assoluto, non essendo ammessa licenza da parte delle leggi di pubblica sicurezza: Sez. 1, n. 45548 del 23/09/2015, Marchesi, Rv. 265278-01; Sez. F, n. 33604 del 30/08/2012, Luciani, Rv. 253427-01; Sez. 1, n. 16785 del 07/04/2010, Pierantoni, Rv. 246947-01), ovvero l’arma caratterizzata da punta aguzza e doppio filo di lama (Sez. 1, n. 10979 del 03/12/2014, dep. 2015, Campo, Rv. 262867-01), generalmente definita pugnale (a meno che non abbia mero uso sportivo: Sez. 3, n. 4220 del 21/12/2010, dep. 2011, Gueye, Rv. 249315-01). Ciò posto, è proprio in relazione all’esatta identificazione di ciascuna delle armi «bianche» sequestrate, e alla conseguente loro (eventualmente distinta) riconduzione all’una o all’altra categoria, che la motivazione della sentenza impugnata si rivela carente; né essa risulta utilmente integrabile con quella di primo grado, parimenti silente sul punto. La qualificazione degli oggetti in imputazione come armi proprie, operata per relationem alle fotografie (queste ultime non meglio illustrate) e al contenuto (genericamente richiamato) del verbale di sequestro, è assertiva, pur a fronte delle doglianze specifiche mosse dagli appellanti al riguardo. I profili discriminanti – ossia la destinazione naturale di ciascun arma, sulla base delle caratteristiche costruttive e del loro impiego socialmente prevedibile – non sono esaminati, né con riferimento agli asseriti pugnali (non è precisato se siano a doppio filo e acuminati, e non si dibatte dell’eventuale loro riferibilità all’esercizio dell’arte marziale), né ai coltelli a serramanico (ossia pieghevoli), che non è detto siano a scatto (o abbiano le suddette caratteristiche dell’arma propria), e neppure rispetto all’ascia (espressamente definita, anzi, come destinata all’esercizio dell’arte marziale, e quindi ad un uso non intrinsecamente offensivo).

Sez. PRIMAPENALE,Sentenza n.7372 del 18/02/2019 (ECLI:IT:CASS:2019:7372PEN),udienza del 30/01/2019,Presidente IASILLO ADRIANO Relatore CENTOFANTI FRANCESCO

22 Ott

Penale : Rapina Impropria

Sulla mancata qualificazione dei fatti come tentato furto, è manifestamente infondata, essendo, nel caso in esame, stata esercitata violenza contro l’agente delle forze dell’ordine, al fine di conseguire l’impunità.Questa Corte (Sez. 7, n. 34056 del 29/05/2018, Rv. 273617; Sez. 2, n. 43764 del 4/10/2013, Rv. 257310), con orientamento che il Collegio condivide e ribadisce, ha affermato che, in tema di rapina impropria, la violenza o la minaccia possono realizzarsi anche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in pregiudizio di persona diversa dal derubato, sicché, per la configurazione del reato, non è richiesta la contestualità temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione, volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità    Sez. SECONDA PENALE,Sentenza n.1021110211del 08/03/2019 (ECLI:IT:CASS:2019:10211PEN)2019,udienza del 16/11/2018,Presidente DE CRESCIENZO UGO Relatore PACILLI GIUSEPPINA ANNA ROSARIA 

17 Ott

Giurisprudenza: Art. 110 629 cp Concorso in Estorsione

Ai fini dell’integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione, «è sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita; ne consegue che anche l’intermediario, nelle trattative per la determinazione della somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l’interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana» (così Sez. 2, n. 37896 del 20/07/2017, Benestare, Rv. 270723; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 2, n. 6824 del 18/01/2017, Bonapitacola, Rv. 269117; Sez. 5, n. 13520 del 21/01/2015, Quatrosi, Rv. 262896; Sez. 5, n. 40677 del 07/06/2012, Petruolo, Rv. 253714; da ultimo v. Sez. 2, n. 21315 del 04/02/2020, Crispo, non mass.).   Sez. SECONDA PENALE, Sentenza n.4865 del 08/02/2021 (ECLI:IT:CASS:2021:4865PEN), udienza del 19/01/2021, Presidente RAGO GEPPINO  Relatore MESSINI D’AGOSTINI PIERO 

17 Ott

Giurisprudenza: Art. 474 Marchio di larghissimo uso

Ai fini della sussistenza del delitto previsto dall’art. 474 cod. pen, allorché si tratti di marchio di larghissimo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle relative società produttrici, come nella specie, non è richiesta la prova della sua registrazione, gravando in tal caso l’onere di provare la insussistenza dei presupposti per la sua protezione su chi tale insussistenza deduce (Sez. 5, n. 5215 del 24/10/2013 ,dep. 2014, Ngom, Rv. 258673; Sez. 2, n. 36139 del 19/07/2017, Rv. 271140).   Sez. SETTIMA PENALE, Ordinanza n.4242 del 03/02/2021 (ECLI:IT:CASS:2021:4242PEN), udienza del 01/12/2020, Presidente VERGA GIOVANNA  Relatore DE SANTIS ANNA MARIA 

17 Ott

Codice Penale : Dichiara di aver smarrito la patente per ottenere duplicato è reato

Colpevole dei delitti di cui agli artt. 483 (per avere falsamente dichiarato di avere smarrito la propria patente di guida estera, che gli era stata, invece, ritirata in attesa che si sottoponesse a perizia psico-medica) e 48, 479 (perché, presentando un’istanza di conversione della patente di guida, autocertificava di averla smarrita così traendo in errore il funzionario della Prefettura che rilasciava il permesso di guida sul falso presupposto) cod. pen., irrogando la pena indicata in dispositivo. Questa Corte ha già avuto modo di precisare (Sez. 5, n. 9950 del 06/12/2017, dep. 05/03/2018, Marangoni, Rv. 272710) che configura il delitto di cui agli artt. 48 e 479 cod. pen. la falsa attestazione, nell’atto del pubblico ufficiale indotto in errore, di un presupposto di fatto, giuridicamente rilevante ai fini del rilascio del documento abilitativo richiesto dal privato.   Sez. SETTIMAPENALE,Ordinanza n.7510 del 19/02/2019 (ECLI:IT:CASS:2019:7510PEN),udienza del 30/01/2019,Presidente BRUNO PAOLO ANTONIO Relatore SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO