Autore: Elio

4 Set

Stalking : Art. 572 c.p. Maltrattamenti in Famiglia

Integrata la fattispecie di reato cui all’art. 572 c.p., dovendosi in proposito rimarcare che l’abitualità nel delitto di maltrattamenti può essere integrata anche nel caso in cui il compimento di più fatti delittuosi che determinano sofferenze fisiche o morali, avvenga in un lasso di tempo non necessariamente prolungato ma comunque idoneo a dar luogo ad uno stato di soggezione dei familiari conviventi vittime del reato (Sez.6, n. 21087 del 10/05/2022, Rv. 283271; Sez. 3, n. 6724 del 22/11/2017,Rv. 272452). Va ricordato che nello schema del delitto di maltrattamenti in famiglia non rientrano soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce e le privazioni e le umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali, senza che assuma rilievo il fatto che gli atti lesivi si siano alternati con periodi di normalità e che siano stati, a volte, cagionati da motivi contingenti, poichè, data la natura abituale del delitto, l’intervallo di tempo tra una serie e l’altra di episodi lesivi non fa venir meno l’esistenza dell’illecito. Si è parlato anche di atti di sopraffazione sistematica tali da rendere particolarmente dolorosa la stessa convivenza; l’elemento psichico, poi si concretizza in modo unitario ed uniforme che deve evidenziare nell’agente una grave intenzione di avvilire e sopraffare la vittima e deve ricondurre ad unità i vari episodi di aggressione alla sfera morale e materiale di quest’ultima, pur non rilevando, data la natura abituale del reato, che durante il lasso di tempo considerato siano riscontrabili nella condotta dell’agente periodi di normalità e di accordo con il soggetto passivo (Sez. 3, n. 6724 del 22/11/2017, Rv. 272452; Sez. 6, n. 25183 del 19/06/2012, Rv. 253041). Quanto all’elemento soggettivo del reato la giurisprudenza è costante nel senso che per la sussistenza dell’elemenl:o soggettivo del reato di cui all’art. 572 c.p., non è necessario che l’agente abbia perseguito particolari finalità, nè il pravo proposito di infliggere alla vittima sofferenze fisiche o morali senza plausibile motivo, essendo invece sufficiente il dolo generico cioè la coscienza e volontà di sottoporre il soggetto passivo a tali sofferenze in modo continuo ed abituale (Sez. 6, n. 25183 del 19/06/2012, Rv. 253042; Sez. 6, 3 luglio 1990, Soru).

Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12/07/2023) 28-08-2023, n. 35877

4 Set

Varie : Termine isolamento per test diagnostico positivo per SARS-CoV-2

L’art 9 del  DECRETO-LEGGE 10 agosto 2023, n. 105 pubblicato sulla GU Serie Generale n.186 del 10-08-2023   “Abolizione degli obblighi in materia di isolamento e autosorveglianza e modifica della disciplina del monitoraggio della situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del virus SARS[1]CoV-2” ha  abrogato l’articolo 10 -ter (Isolamento e autosorveglianza) Pertanto le persone risultate positive ad un test diagnostico molecolare o antigenico per SARS-CoV-2 non sono più sottoposte alla misura dell’isolamento.

30 Ago

Polizia Giudiziaria: Art 672 cp Custodia di animali

«In tema di custodia di animali, l’obbligo sorge ogni volta che sussista una relazione di possesso o di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, posto che l’art. 672 cod. pen. relaziona l’obbligo di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al possesso dell’animale, possesso da intendersi come detenzione anche solo materiale e di fatto senza che sia necessario che sussista una relazione di proprietà in senso civilistico. (Fattispecie in tema di responsabilità per lesioni colpose cagionate dal morso di un cane)» (Sez. 4, n. 599 del 16/12/1998, dep. 1999, la Rosa, Rv. 212404; in termini, Sez. 4, n. 34813 del 02/07/2010, Vallone, Rv. 248090) e «L’obbligo di custodia di un animale sorge ogni qualvolta sussista una relazione di semplice detenzione, anche solo materiale e di fatto tra l’animale e una data persona, non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico. (Fattispecie in tema di responsabilità per lesioni colpose cagionate dal morso di un cane)» (Sez. 4, n. 51448 del 17/10/2017, Polito, Rv. 271329).

Sez. QUARTA PENALE, Sentenza n.34350 del 04/08/2023 (ECLI:IT:CASS:2023:34350PEN), udienza del 25/05/2023, Presidente DI SALVO EMANUELE  Relatore CENCI DANIELE

30 Ago

Ricettazione: Art. 648 cp Ricettazione

Secondo i principi di diritto espressi dalla giurisprudenza di legittimità :

– “l’integrazione della fattispecie di ricettazione richiede il conseguimento, in qualsivoglia modo, del possesso della cosa proveniente da delitto” (Sez. 2, n. 22959 del 29/03/2017, Bogdan, Rv. 270292-01; Sez. 2, n. 12763 dell’11/03/2011, Mbaye, Rv. 249863-01; Sez. 2, n. 2534 del 27/02/1997, Della Ciana, Rv. 207304-01) e non “occorre la prova positiva che l’imputato non sia stato concorrente nel delitto presupposto, essendo sufficiente che non emerga la prova del contrario” (Sez. 2, n. 4434 del 24/11/2021, Desideri, Rv. 282955);

– “ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia peraltro indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette, allorchè siano tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto ricevuto” (Sez. 4, n. 4170 del 12/12/2006, dep. 2007, Azzaouzi, Rv. 235897 – 01);

– “la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento dell’imputato che dimostri la consapevolezza della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata, o non attendibile, indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede” (Sez. 2 n. 25756 del 11/06/2008, Nardino, Rv. 241458; Sez. 2 n. 29198 del 25/05/2010, Fontanella, Rv. 248265);

– “l’elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio, non potendosi desumere da semplici motivi di sospetto, nè potendo consistere in un mero sospetto” (Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009, Nocera, Rv. 246324 – 01; Sez. 1 n. 27548 del 17/06/2010, Screti, Rv. 247718). Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07/07/2023) 11-08-2023, n. 34857

30 Ago

Penale : Art. 640 e 61 nr 5cp   Truffa contrattuale mancata consegna bene venduto tramite internet e aggravante della minorata difesa

Integra il delitto di truffa contrattuale, ai sensi dell’art. 640 c.p., la condotta di messa in vendita di un bene su un sito internet accompagnata dalla sua mancata consegna all’acquirente dopo il pagamento del prezzo, posta in essere da parte di chi falsamente si presenti come alienante ma abbia il solo proposito di indurre la controparte a versare una somma di denaro e di conseguire, quindi, un profitto ingiusto (Sez. 2, n. 51551 del 04/12/2019, Rocco, Rv. 278231-01; Sez. 6, n. 10136 del 17/02/2015, Sabetta, Rv. 262801-01). La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che sussiste l’aggravante della “minorata difesa” – con riferimento alle circostanze di luogo (fisico), note all’autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 5), abbia approfittato – nell’ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti on-line, poichè, in tale caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l’agente, determina una posizione di forza e di maggior favore di quest’ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta; vantaggi che non potrebbe sfruttare a suo favore, con altrettanta facilità, se la vendita avvenisse de visu (Sez. 6, n. 17937 del 22/03/2017, Cristaldi, Rv. 269893-01; Sez. 2, n. 43706 del 29/09/2016, Pastafiglia, Rv. 268450-01). La distanza, connessa alle particolari modalità di vendita con l’utilizzo del sistema informatico o telematico, di cui l’agente consapevolmente approfitta e cui si aggiunge di norma l’utilizzo di clausole contrattuali che prevedono il pagamento anticipato del prezzo del bene venduto, configura l’aggravante in questione, che connota, in tali casi, la condotta dell’agente quale elemento ulteriore, peculiare e meramente eventuale rispetto agli artifici e raggiri tipici della truffa semplice; condotta con la quale l’agente pone in vendita, con le anzidette modalità, un prodotto del quale non dispone o non si vuole privare a prezzi convenienti per catturare l’attenzione e l’interesse dell’acquirente che consulta le vetrine virtuali.

Tale era la fattispecie di causa, nella quale il A.A. ha approfittato della distanza tra il luogo in cui si trovava ((Omissis)) e il luogo in cui si trovava l’acquirente (tra (Omissis)), la quale gli ha consentito di non fare sottoporre il prodotto messo in vendita ad alcun controllo preventivo e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta, rendendosi irrintracciabile alla persona offesa dopo avere conseguito la corresponsione del prezzo dell’apparecchio mediante la ricarica della carta Postepay che aveva indicato al C.C.. Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24/05/2023) 16-08-2023, n. 34923

30 Ago

Stalking : Art. 571 e 572 cp Abuso dei mezzi di correzione e maltrattamenti  differenze

L’abuso dei mezzi di correzione presuppone l’uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, quali l’esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, l’obbligo di condotte riparatorie o forme di rimprovero non riservate (Sez. 6, n. 11777 del 21/01/2020, Rv. 278744), mentre l’uso sistematico della violenza quale metodo di trattamento del minore, anche se sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nella fattispecie di abuso di mezzi di correzione, ma concretizza gli estremi del più grave reato di maltrattamenti. Si è, infatti, affermato che esula dal perimetro applicativo della fattispecie incriminatrice dell’abuso di mezzi di correzione o di disciplina in ambito scolastico qualunque forma di violenza fisica o psichica, ancorchè sostenuta da “animus corrigendi”, atteso che, secondo la linea evolutiva tracciata dalla Convenzione dell’ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l’esercizio lecito del potere correttivo ed educativo – che mai deve deprimere l’armonico sviluppo della personalità del minore – lì dove l’abuso ex art. 571 c.p. presuppone l’eccesso nell’uso di mezzi che siano in sè giuridicamente leciti (Sez. 6, n. 13145 del 03/03/2022, Rv. 283110). Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05/07/2023) 23-08-2023, n. 35494

30 Ago

Penale : Art. 629 cp Estorsione del datore di lavoro

L’imputata è stata riconosciuta colpevole del delitto di estorsione facendosi corretta applicazione del principio di diritto affermato dalla Corte di legittimità “Nel caso in cui il datore di lavoro realizzi una serie di comportamenti estorsivi nei confronti dei propri dipendenti, costringendoli ad accettare trattamenti retributivi deteriori e non corrispondenti alle prestazioni effettuate e, in genere, condizioni di lavoro contrarie alla legge ed ai contratti collettivi, approfittando della situazione di mercato in cui la domanda di lavoro sia di gran lunga superiore all’offerta e, quindi, ponendoli in una situazione di condizionamento morale, in cui ribellarsi alle condizioni vessatorie equivalga a perdere il posto di lavoro, è configurabile il reato di estorsione di cui all’art. 629 c.p.. L’eventuale accordo contrattuale tra datore di lavoro e dipendente, nel senso di accettazione da parte di quest’ultimo delle suddette condizioni vessatorie, non esclude, di per sè, la sussistenza dei presupposti dell’estorsione mediante minaccia, in quanto uno strumento teoricamente legittimo può essere usato per scopi diversi da quelli per cui è apprestato e può integrare, al di là della mera apparenza, una minaccia ingiusta, perchè ingiusto è il fine a cui tende, e idonea a condizionare la volontà del soggetto passivo, interessato comunque ad assicurarsi una possibilità di lavoro, altrimenti esclusa per le generali condizioni ambientali o per le specifiche caratteristiche di un particolare settore di impiego della manodopera” (per tutte: Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261553 – 01; Sez. 2, n. 3724 del 29/10/2021, dep. 2022, Lattanzio, Rv. 282521; Sez. 2, n. 28682 del 5/06/2008, Beritivegna, non mass.). Al riguardo, la Corte territoriale evidenzia come la persona offesa abbia chiesto nel corso dell’esecuzione del contratto il dovuto adeguamento e come la minaccia di licenziamento abbia svolto efficienza causale nel costringerla ad accettare una retribuzione inferiore. Si tratta di una condotta che non si sottrae all’applicazione della fattispecie estorsiva, in quanto non ci si trova dinanzi ad una mera prospettazione di accettare un lavoro sottopagato, ma della corresponsione da parte del datore di lavoro, nella fase esecutiva del contratto, di uno stipendio ridotto rispetto a quanto risultante in busta paga, sotto minaccia della perdita del posto di lavoro, assumendo così il profitto che lo stesso ne ricava natura ingiusta (Sez. 2, n. 21789 del 04/10/2018, dep. 2019, Rv. 275783 – 01, in motivazione pag. 2-3). Quanto alla prospettazione di porre fine al rapporto di lavoro, infatti, giova ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte di legittimità in tema di estorsione, la prospettazione dell’esercizio di una facoltà o di un diritto spettante al soggetto agente integra gli estremi della minaccia “contra ius” quando, pur non essendo antigiuridico il male prospettato come conseguenza diretta di tale condotta, si faccia ricorso alla stessa per coartare la volontà altrui ed ottenere scopi non consentiti o risultati non dovuti, nè conformi a giustizia (Sez. 6, n. 47895 del 19/06/2014, Rv. 261217; Sez. 2, n. 119 del 04/11/2009, Rv. 246306). Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13/07/2023) 09-08-2023, n. 34775

23 Ago

Polizia Giudiziaria: Sono utilizzabili le dichiarazioni spontanee annotate sul verbale di  perquisizione o sequestro

 Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte regolatrice, le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato alla p.g. o comunque da questa recepite sono pienamente utilizzabili nella fase delle indagini preliminari e, per ciò stesso, nel giudizio abbreviato (SU, 25.9.2008 n. 1150/09, Correnti, Rv. 241884). Si è invero osservato che la p.g., a norma dell’art. 357 c.p.p., comma 2, lett. b), deve redigere verbale, tra l’altro, degli atti non ripetibili compiuti e delle dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte indagini. Ma tale adempimento non comporta l’obbligo di redigere un autonomo verbale per ciascuna delle attività svolte, specialmente se in contestualità spazio-temporale, non essendo ciò prescritto da alcuna disposizione normativa. Con l’effetto, allora, che nell’ipotesi in cui vengano rese alla polizia giudiziaria, mentre procede a perquisizione od a sequestro, dichiarazioni spontanee processualmente rilevanti da parte dell’indagato, le stesse ben possono essere inserite nel verbale di perquisizione o di sequestro, senza che occorra redigere distinto ed autonomo verbale (cfr. ex plurimis: Sez. 1, 22.1.2009 n. 15563, Perrotta, Rv. 243734). Si è inoltre più volte ribadito, quale principio generale, che sono utilizzabili nel giudizio abbreviato le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria, senza assistenza difensiva, dalla persona sottoposta alle indagini sul luogo e nell’immediatezza del fatto durante l’esecuzione di una perquisizione domiciliare : cfr. Sez. 4, n. 6962 del 14/11/2012,Rv. 254396 01; Sez. 5, n. 32015 del 15/03/2018 ,Rv. 273642 – Sez. 1 , n. 15197 del 08/11/2019, Rv. 279125 – 01; Sez. 3 -n. 9354 del 08/01/2020, Rv. 278639 – 01). 2.1. Alla luce di quanto esposto è di tutta evidenza, da un lato, che non sussiste nessun onere di redazione di un separato verbale e, dall’altro, che, se è ammessa l’utilizzabilità delle dichiarazioni spontanee rese senza la presenza del difensore, a maggior ragione potranno essere utilizzabili quelle verbalizzate alla presenza del difensore, nel pieno delle garanzie previste dalla legge, come è avvenuto nel caso di specie. Sez. QUARTA PENALE, Sentenza n.34356 del 04/08/2023 (ECLI:IT:CASS:2023:34356PEN), udienza del 07/07/2023, Presidente DI SALVO EMANUELE  Relatore MICCICHE’ LOREDANA

23 Ago

Penale : Art. 340 cp  interruzione di pubblico servizio

Ai fini della configurabilità del reato di interruzione di un ufficio ovvero di un servizio pubblico o di pubblica necessità (art. 340 cod. pen.), è necessario che il turbamento della regolarità abbia comportato e causato un’apprezzabile alterazione del funzionamento dell’ufficio o del servizio, ancorché temporanea (tra tante, Sez. 5, n. 1913 del 16/10/2017, dep. 2018, Rv. 272321). Non è infatti richiesta la natura urgente ed indifferibile del servizio.   Sez. SESTA PENALE, Sentenza n.34378 del 04/08/2023 (ECLI:IT:CASS:2023:34378PEN), udienza del 13/06/2023, Presidente DE AMICIS GAETANO  Relatore CALVANESE ERSILIA

23 Ago

Codice della strada : Art.  590  e non 590 bis cp in caso di sinistro con lesioni inferiori a 40 giorni e con art. 186 lett a cds

«il fatto contestato all’odierna imputata non è sussumibile – come desumibile dalla mera lettura della contestazione stessa – nell’ipotesi dell’art. 590 bis c.p.: le lesioni hanno infatti avuto una durata inferiore ai giorni 40, motivo per cui non possono essere ritenute gravi o gravissime in base al 10 comma della disposizione incriminatrice»; – «il fatto non è neppure sussumibile nel 2° comma dell’art. 590 bis c.p. poiché il tasso alcolemico era di valore tale da ricondurre la condotta alla lettera a) dell’art. 186, comma 2, D. Lgs. 285/1992 e non invece alla lettera c) prevista dalla medesima disposizione»; – «la competenza per il reato in contestazione, da ricondurre all’ipotesi dell’art.590, comma 1 c.p., appartiene pertanto al Giudice di Pace ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. n. 274/2000». Sez. PRIMA PENALE, Sentenza n.34581 del 08/08/2023 (ECLI:IT:CASS:2023:34581PEN), udienza del 20/04/2023, Presidente BONI MONICA  Relatore DI GIURO GAETANO